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All’Archivio di Stato dell’Aquila un’interessante mostra documentaria sulla musica bandistica, sinfonica, liturgica per le celebrazioni civili, dal 1860 al 1931

L’AQUILA – L’Italia è un paese straordinario, con incommensurabili ricchezze artistiche, architettoniche, archeologiche, culturali e paesaggistiche che lo rendono unico al mondo. A queste ricchezze si aggiunge un patrimonio immenso di opere d’arte, libri e documenti conservati in musei, biblioteche e archivi presenti in ogni angolo del paese, cespiti rilevanti della cultura nazionale conosciuti e frequentati dagli addetti ai lavori, che tuttavia sfuggono spesso alla conoscenza d’una buona parte degli italiani. Eppure tanta ricchezza d’incomparabili meraviglie artistiche, culturali e paesaggistiche, insieme alla preziosa rete di presidii di conservazione libraria e documentaristica, fanno dell’Italia la nazione che può vantare il primato di possedere quasi due terzi dell’intero patrimonio artistico e culturale del pianeta. Un patrimonio sul quale si potrebbe certamente realizzare, con accorte politiche di valorizzazione e promozione, una solida e duratura prospettiva di crescita economica per il paese e nuovo lavoro per le presenti e future generazioni. L’investimento in cultura dovrebbe diventare la prelazione primaria per qualunque governo che abbia un orizzonte di ampio respiro, non infastidito dall’assillo della quotidianità effimera. Queste sintetiche considerazioni d’ordine generale sono utili per richiamare la straordinaria dotazione documentaria che offre la rete degli Archivi di Stato in Italia, la preziosità dei fondi che essi conservano: un inimmaginabile giacimento di documenti della nostra storia millenaria.

E’ però dell’Archivio di Stato dell’Aquila che ora intendiamo parlare, per darne qualche informazione. Soprattutto per sottolineare l’interesse dei documenti conservati, non solo per specifici fini di ricerca, ma per la fruizione culturale aperta ai cittadini. Un invito, dunque, agli aquilani della città capoluogo e della provincia, a visitare la sede centrale dell’Archivio presso l’area industriale di Bazzano-Paganica, in attesa di poter rientrare nel centro storico della città negli ambienti che gli saranno destinati, dopo il restauro dai danni del sisma, nell’ex distretto militare accanto alla Basilica di San Bernardino, come pure le sedi di Avezzano e Sulmona. 

L’Archivio di Stato dell’Aquila trae origine dal Regio decreto del 22 ottobre 1812 di Gioacchino Murat che prescriveva la costituzione, presso ciascuna Intendenza, di un Archivio provinciale destinato a deposito delle carte pubbliche prodotte nel territorio della Provincia: sia di quelle degli antichi tribunali e delle autorità provinciali antecedenti al nuovo sistema amministrativo del Regno, sia di quelle prodotte dai nuovi tribunali e dalle amministrazioni di nuova istituzione, includendo gli atti degli ordini religiosi soppressi in tutto il Regno di Napoli durante il decennio francese con norme del 13 febbraio 1807 e del 7 agosto 1809. 

Attualmente conserva, nella sede dell’Aquila e nelle Sezioni di Sulmona e Avezzano, fondi archivistici le cui carte coprono il periodo dal XII al XX secolo. La documentazione conservata è stata prodotta dalle istituzioni preunitarie e da quelle statali post-unitarie comprese, in genere, nel territorio della provincia. Si conservano, inoltre, archivi di enti pubblici, di famiglie, di persone, di associazioni e di altri organismi privati che rivestono un interesse storico particolarmente importante. Dagli elenchi dei fondi archivistici di ciascun Istituto, raggiungibili attraverso il sito web dell’Archivio di Stato dell’Aquila, è possibile accedere agli strumenti di ricerca attualmente disponibili in formato digitale e il cui numero viene progressivamente incrementato. 

L’Archivio di Stato dell’Aquila, oltre alla ordinaria attività dell’istituto, ha negli anni offerto notevoli spunti d’interesse con numerose esposizioni documentarie e mostre tematiche di particolare pregio. In questo periodo due sono le mostre allestite nei suoi locali: una mostra documentaria allestita in sinergia con il FAI – Delegazione di L’Aquila, che racconta due luoghi della Seconda Guerra Mondiale, l’Aeroporto militare di Bagno e l’Officina Carte Valori della Banca d’Italia, bombardata l’8 dicembre 1943, e un’altra interessante mostra documentaria sulle celebrazioni civili tenutesi dal 1860 al 1931. E’ di questa mostra, in particolare, che oggi s’intende parlare, nel rappresentarne gli aspetti singolari che meritano di essere apprezzati, come pure per stimolare la curiosità e l’interesse degli Aquilani a visitarla. La singolarità della mostra si evince già dal titolo: “Musica bandistica, sinfonica, liturgica per le Celebrazioni civili dal 1860 al 1931”. Seguiamola, per il momento, attraverso la sua descrizione, mentre resta l’invito a riservargli appena possibile una visita per poter apprezzare direttamente l’interessante sequenza dei documenti originali in esposizione. 

Alcuni richiami storici sono ora necessari. Con atto normativo del sabaudo Regno di Sardegna (legge 17 marzo 1861) fu proclamato il Regno d’Italia, del quale Vittorio Emanuele II assunse per sé e per i suoi successori il titolo di Re d’Italia. Con legge 5 maggio 1861 n. 7 fu istituito l’Anniversario dell’Unità d’Italia, festa nazionale, con ricorrenza la prima domenica di giugno di ogni anno. Il 1861 fu un anno denso di celebrazioni: non solo la festa nazionale, con la denominazione di Festa dello Statuto, a richiamare lo Statuto Albertino che era assunto a costituzione del Regno d’Italia, ma anche l’anniversario dell’ingresso di Garibaldi a Napoli (7 settembre 1860), della resa di Gaeta (13 febbraio 1861), e del Plebiscito nel Regno delle Due Sicilie (21 ottobre 1860).

Dalle carte dell’Archivio del Comune dell’Aquila emerge il fervore celebrativo che caratterizza la città nel primo anno del Regno d’Italia. La notizia dell’istituzione di una “Festa nazionale commemorativa dell’Unità d’Italia e dello Statuto del Regno” fu diramata dal Ministero dell’Interno con circolare del 6 maggio 1861 indirizzata a “Sindaci, Gonfalonieri e Autorità comunali del Regno”. Nella circolare sono date istruzioni sulle modalità con cui si svolgeranno le celebrazioni, che dovranno includere una messa accompagnata dal canto dell’inno ambrosiano, rassegna di truppe stanziali e della Guardia nazionale, distribuzione dei premi qualora sia istituito un tiro a segno, pubbliche mostre di belle arti e di industrie ed esercizi letterari e drammatici, beneficenza ai più poveri “affinché la ricordanza del Re e della patria si associ alla consolazione dei poveri e degli afflitti”, illuminazione degli edifici pubblici. Si raccomanda inoltre “che si cessi da qualunque altra Festa ricordante antiche divisioni municipali, trionfi di parte, o vittorie parziali che non tornarono che a danno della intera Nazione”.

Pur confidando nell’adesione di vescovi e parroci, considerando la congiuntura politica con lo Stato pontificio, si dà indicazione di rispettare scrupolosamente i sentimenti della coscienza del clero che non intenda aderire. La posizione del clero è ben manifesta nella lettera al Sindaco dell’Arcidiacono della Cattedrale, don Luigi Manieri, con cui si declina la richiesta che il Capitolo della Cattedrale celebri nel giorno del 2 giugno una funzione religiosa con canto dell’inno ambrosiano, citando la disposizione del vescovo che “proibisce di celebrare funzioni sacre per qualsivoglia motivo politico in tutte le chiese della città dichiarando sospesi a divinis ipso facto non solo il celebrante ma ancora gli altri assistenti alla funzione”. Le funzioni religiose furono pertanto celebrate, anche negli anni successivi al 1861, da cappellani della Guardia Nazionale o del 26° Reggimento Fanteria. La festa si svolgeva, dunque, con la celebrazione del rito religioso nella Chiesa di San Bernardino. Un’orchestra con un organico descritto nel dettaglio nei documenti dell’anno 1861 accompagnava in chiesa e nel Teatro San Salvatore il canto del Te Deum e del Tantum Ergo, cantato dal maestro di cappella Domenico Michelangeli fino al 1864, sostituito da Luigi Trionfi dal 1865.

Eventi ricorrenti erano la rassegna delle truppe, l’illuminazione della città, l’assegnazione di vestiario a bambini e bambine delle scuole elementari, il gioco della tombola, annunciato con avviso pubblico in cui si dava indicazione degli esercizi dove acquistare le cartelle e del luogo dell’estrazione, il “balcone della famiglia Jacopucci in Piazza Grande soprapposto al Corpo di Guardia Nazionale” (1862), “Piazza Duomo del dappresso all’Ufficio dell’Assessore Municipale” (1867). In occasione della celebrazione del 1867 furono eseguite nella Piazza del Duomo dalle Bande Musicali Le cinque giornate di Milano e la Marcia con cori del Maestro Errico De Bernardi, diretti dal Capo-Musica del 44° Reggimento Fanteria Luigi Massari, e La presa di Sebastopoli del Maestro Domenico Gatti, diretta dal Capo-Musica della Guardia Nazionale Gaspare Salini.

Nello stesso anno 1861 furono celebrate le tappe che portarono alla proclamazione del Regno d’Italia: l’ingresso di Garibaldi a Napoli e la resa di Gaeta. Per solennizzare la Resa di Gaeta, avvenuta il 13 febbraio 1861, il 16 febbraio dello stesso anno fu cantato il Te Deum nella chiesa di San Bernardino e furono illuminati edifici pubblici e privati al suono della Banda cittadina. Le celebrazioni dell’ingresso di Garibaldi a Napoli, avvenuto il 7 settembre 1860, furono svolte con il canto di un inno in onore a Garibaldi, che ha visto nuovamente protagonisti il Maestro Michelangeli e il Capo-Banda Salini, con esecuzioni per le strade della banda musicale e con l’illuminazione serale della città. Per l’Anniversario del Plebiscito, da celebrarsi il 21 ottobre 1861, nonostante le esigue disponibilità finanziarie del Comune, fu inserito nel programma la partecipazione di una banda musicale.

Nel 1894 la città celebrò il sesto Centenario dall’incoronazione di Celestino V a papa con un programma musicale che prevedeva “musica alla Palestrina” diretta dal Maestro Scotti e concerto di bande musicali cittadine e forestiere. L’evento di maggior rilievo dovette essere l’esecuzione nel Teatro Comunale della “grandiosa opera Carmen”, diretta dal Maestro Francesco Cesarini, “con gli esimi artisti Italia Giorgio e Cav. Giuseppe Russitano”. I festeggiamenti prevedevano il gioco della tombola, corsa di vetture a premio, corsa di cavalli e velocipedi, fuochi pirotecnici, volo di globi aerostatici oltre a distribuzione del pane ai poveri e vendita a sorte degli oggetti donati dalle “gentili Signore aquilane” a scopo di beneficenza. Le solenni funzioni religiose furono presiedute dall’Arcivescovo dell’Aquila Mons. Francesco Paolo Carrano, dall’Arcivescovo di Trani Domenico Marinangeli e dall’Arcivescovo di Benevento e marchese di Rende, il cardinale Siciliani. Non mancò il 28 agosto la consueta esposizione delle reliquie fatta dal cardinale De Rende assistito dai Vescovi, dal Capitolo e Clero e dal Seminario.

Tra il 1920 e il 1931 le celebrazioni più importanti furono il Cinquantenario della Breccia di Porta Pia, 20 settembre 1870, e la proclamazione dell’annessione di Fiume il 16 marzo 1924. Per il cinquantenario dal 20 settembre la città mandò a Roma una delegazione con il labaro. Quanto alle celebrazioni che si dovettero svolgere all’Aquila, è documentata quella del 1931 in cui fu illuminata la città e furono accese due lampade sotto i portici davanti alla Chiesa della Concezioneper il servizio del concerto musicale”. Per la solennità civile dell’annessione di Fiume, istituita da Benito Mussolini, fu prescritto dallo stesso in qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri, oltre all’esposizione della bandiera nazionale negli uffici ed enti pubblici, all’illuminazione degli stessi edifici pubblici, all’organizzazione di cortei e comizi, “che siano tenuti concerti musicali etc ove est possibile, prendendo opportuni accordi con autorità militari”, indicazione ripresa dal Prefetto Chatelain che prescrive che “ove in Codesto Comune via sia una banda privata o comunale, siano tenuti concerti musicali”.

Per il largo pubblico talvolta le mostre documentarie sono più efficaci di uno specifico Saggio. L’immediatezza del messaggio che proviene dal documento esposto, la sua icasticità, la curiosità che viene soddisfatta dall’accorta concatenazione dei documenti in esposizione sono il considerevole risultato delle Mostre allestite negli anni dall’Archivio di Stato dell’Aquila. Chi scrive ha trovato rilevanti motivi di apprezzamento e di valore specie dopo il terremoto del 6 aprile 2009, allorquando il significativo contributo dell’Archivio di Stato è risultato essenziale nella ricostruzione della memoria collettiva degli Aquilani, nell’aiuto profondo a richiamare i segni distintivi dell’identità civica. Sono stati anni ricchi di impegno e di iniziative, da parte dell’Archivio di Stato, di cui mai saremo grati a sufficienza per l’opera messa in campo. Per concludere, rivolgiamo due domande alla dr. Marta Vittorini, direttrice dell’Archivio di Stato dell’Aquila.

Quali attività sono in previsione per i prossimi mesi?

L’Archivio di Stato intende adempiere al ruolo istituzionale di promozione e valorizzazione del patrimonio documentario con mostre tematiche e con la presentazione delle numerose e importanti ricerche che sono il frutto del lavoro degli studiosi ma anche della dedizione e della competenza degli archivisti di sala studio. Il patrimonio archivistico è a pieno titolo bene culturale e in quanto tale deve essere fruito dai cittadini al pari del patrimonio architettonico, archeologico e artistico. Per questo cerchiamo di proporre temi che rispondano a esigenze conoscitive provenienti da tutta la provincia, dalla città dell’Aquila ma anche dai comuni più piccoli e da quelli della provincia di Rieti, un tempo facenti parte dell’Abruzzo Ulteriore Secondo e della provincia dell’Aquila.

Il ritorno delle attività nel cuore della città, nei locali dell’ex Distretto militare accanto alla Basilica di San Bernardino, quali opportunità genera e quali potenzialità consente all’Archivio di Stato di dispiegare, specie riguardo Mostre tematiche ed esposizioni didattiche possibili grazie al cospicuo patrimonio documentario dell’Istituto?

La sede dell’ex Distretto militare è assolutamente idonea a ospitare l’Archivio di Stato quanto a estensione dei depositi e a disponibilità di locali per la consultazione e per le esposizioni documentarie. L’Archivio di Stato potrà acquisire i versamenti degli uffici periferici dello Stato rendendoli disponibili per la ricerca storica e offrire adeguati spazi per la fruizione del patrimonio documentario. La collocazione in centro storico renderà la sede più agevolmente raggiungibile favorendo gli studiosi provenienti da fuori provincia e dall’estero e inserirà l’Archivio di Stato all’interno di un polo culturale costituito dalla Facoltà di Scienze Umane dell’Università degli Studi dell’Aquila, dalla Biblioteca Salvatore Tommasi, che tornerà nella sua sede storica, dalla Deputazione Abruzzese di Storia Patria e dalla Fondazione De Marchis che, ricordiamo, detiene una biblioteca specializzata in arte contemporanea.

*Goffredo Palmerini, giornalista