Afghanistan, non è più un paese per donne
A due anni dalla ripresa del potere da parte dei talebani, dalla ritirata degli americani a oggi. Cosa è cambiato?
I talebani prendono il potere in un ferragosto infuocato del 2021, Kabul di fatto si consegnava ai “terroristi in motocicletta”. Sono passati due anni e il futuro del paese è sempre più incerto, le diseguaglianze sono aumentate.
Riavvolgiamo il nastro.
Occorre “un’attenta riflessione per capire come mai l’America si sia ritrovata a dare l’ordine del ritiro, con una decisione presa senza preavviso né accordo preliminare con gli alleati e con le persone coinvolte in questi vent’anni di sacrifici. E come mai la principale questione in Afghanistan sia stata concepita e presentata al pubblico come la scelta tra il pieno controllo dell’Afghanistan o il ritiro totale”. Lo scriveva Henry Kissinger in un intervento sull’Economist pubblicato dal Corriere della Sera dopo “la riconquista dell’Afghanistan da parte dei talebani”. Kissinger: “Una diplomazia creativa avrebbe potuto distillare misure condivise per debellare il terrorismo in Afghanistan. Questa alternativa non è mai stata esplorata”, conclude, convinto che l’America non possa “sottrarsi al suo ruolo di attore chiave nell’ordinamento internazionale”.
I diritti umani sono stati evacuati frettolosamente nell’ambito di quello che verrà ricordato come il primo e cocente “fallimento” in politica estera di Joe Biden. Il tramonto dell’uguaglianza e il trionfo della barbarie, secondo il New York Times l’evacuazione degli americani da Kabul riflette la storia di vent’anni di guerra segnati dalla disconnessione tra la diplomazia americana e la realtà sul terreno.
“Il ritiro dall’Afghanistan segna il declino dell’impero americano, momentaneo o duraturo lo scopriremo presto, così come è chiara ormai l’ascesa della Cina e della Russia”, scrivevamo nel 2021. Di fatto l’uscita di scena delle truppe statunitensi ha avuto conseguenze geopolitiche per l’Asia centrale che ha avviato da tempo un processo che la porterà a diventare un insieme organico, all’interno del quale l’Afghanistan, le ex repubbliche sovietiche e la provincia cinese dello Xinjiang si influenzeranno sempre più.
Ma come si vive oggi in Afghanistan? I dati parlano chiaro: non è più un paese per donne. Secondo i dati di Save the Children e UNICEF (diffusi dalla BBC) tre sono i milioni di studentesse delle scuole secondarie escluse dai corsi, 12 anni è l’età oltre la quale l’istruzione femminile è temporaneamente “sospesa”, una bambina su quattro mostra segni di depressione e il 17% delle bambine si sposa prima dei 15 anni. Le donne quindi, le prime a subire i cambiamenti drammatici del ritorno dei talebani, sempre più escluse dalla vita pubblica e sociale del paese, un drammatico ritorno al passato: le cittadine afghane non possono più frequentare aree pubbliche, palestre e luna park, per dire.
L’Afghanistan è oggi il primo paese nell’indice globale del terrorismo (nel 2001 era 16°) secondo Global Terrorism Index, e poi la crisi alimentare senza fine. Su una popolazione di 40milioni di abitanti 15 si trovano in una situazione di grave insicurezza alimentare, 2,8 in piena emergenza alimentare.
“Finché non sarà chiaro se i talebani siano in grado di governare il paese assisteremo a un gioco attendista, solo dopo inizierà il futuro”. Così scrivevamo nel 2021. Purtroppo quel futuro, fatto di piena discriminazione, è ormai realtà.
*Roberto Sciarrone, direttore responsabile di Verbum Press