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Gaetanina Longobardi, Tuono (Homo Scrivens)

Un romanzo rosa che si tinge di noir e getta luce sul misterioso mondo dei tombaroli, tra Pompei e Paestum

Tuono (Homo Scrivens, 2024) di Gaetanina Longobardi è un romanzo rosa che presto si tinge di noir e getta luce con piglio da racconto sociale sul mondo dei tombaroli, tra Pompei e Paestum. Infatti, è rosa la vicenda di una guida turistica del Cilento che, a passeggio nella campagna solitaria, s’imbatte in un uomo e se ne invaghisce. Ma l’uomo è un tombarolo e la donna resta coinvolta in avventure e colpi di scena da romanzo nero, che conducono nel mondo illegale e occulto dei cercatori di antichi reperti. 

È questo l’elemento di maggiore novità e pregio del romanzo, poiché, al di là di manichee distinzioni tra legalità e illegalità, tra giusto e sbagliato, l’Autrice scandaglia il mondo dei tombaroli e suggerisce al lettore l’ipotesi che la ricerca di oggetti antichi e preziosi sia per quegli uomini non solo opportunità di lucro, ma anche occasione di scavo interiore, tra pulsioni sensuali e bisogno d’amore più profondo. 

La prosa di Longobardi procede per frasi spezzate, come incerti bagliori di luce. Procede per illuminazione di dettagli che si accumulano l’uno sull’altro, come le prime percezioni visive del tombarolo. L’Autrice evoca reperti archeologici d’indubbia suggestione. Così è per la ‘sfiammata’, cratere il cui pregio risiede proprio nel suo essere un «vaso sbagliato». Così è per la descrizione di un carro da guerra in argento, «un gioiello in corsa, mentre si impartisce l’ordine di combattere ai giovani greci freschi di efebia». E proprio di fronte a questo oggetto un vecchio tombarolo impartisce ai propri giovani collaboratori una lezione di ‘deontologia’ e ‘controcultura’ archeologica: «Deve rimanere qui! Il nostro dovere è riseppellire quest’oggetto. […] Quale combattente eroico accetterebbe la condizione di essere studiato tra migliaia di altri oggetti? Coperto da teli soffocanti e irritato da pennelli che lo pizzicherebbero! […] E non comprendere che tale gioiello non può essere studiato. Basterebbe ammirarlo come facevano già duemilacinquecento anni fa».

*Raffaele Messina, scrittore