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Nicola Micali e l’antica città sommersa di Risa

Capo Peloro: tra mito e leggenda riaffiorano storie dal fondo del mare

Nicola Micali, scultore e illustratore messinese, cavalca i miti e le leggende siciliane attraverso l’arte. Come un moderno “Colapesce” crea e modella scarti materiali che trova in fondo al mare facendo “riemergere” opere d’arte. Protagonista per la seconda volta della copertina dell’ultimo numero. Ci eravamo lasciati con il “tuo” Efesto, dio del fuoco, delle fucine, della scultura e della metallurgia, adorato in tutte le città dell’antica Grecia. L’immagine, scelta, voleva richiamare le guerre di oggi, il conflitto russo-ucraino e quello appena deflagrato tra Israele e Hamas. La continua produzione di armi che non vede fine e genera morte e distruzione. Purtroppo non è cambiato nulla da allora, anzi. Nuovi interessi sono in gioco e la logica della guerra come risoluzione delle contrapposizioni politiche e ideologiche corre a velocità preoccupanti.

Parlando di miti e leggende di luoghi sommersi la cover di questo numero è dedicata ad un’antica città che pare si trovi sott’acqua da centinaia di anni: la misteriosa città sommersa di Risa. Cosa ti ha ispirato di questa storia per la tua illustrazione Nicola? Il mondo marino continua a catturare la mia immaginazione. Dopo essermi occupato della leggenda di Colapesce volevo continuare il viaggio nelle profondità, d’altronde non serviva andare troppo lontano, Messina ha molto da raccontare. Già da parecchio mi ero avvicinato ad una storia intrigante; narra di una misteriosa città perduta. Secondo la leggenda sarebbe sprofondata nell’attuale pantano piccolo e li si troverebbe ancora oggi a circa trenta metri di profondità. Il suo nome è Risa. Molte sono le storie che vengono tramandate dagli anziani, come per tutte le leggende, potrebbe esserci qualcosa di vero ed è questo a stuzzicare la mia curiosità. Quando sono venuto a conoscenza del mito, nella mente hanno preso forma le prime immagini. Ho voluto inoltre inserire la figura di Morgana che si dice dimori tra le mura della città.

Tanti anni fa a Capo Peloro, che in greco significa “mostruoso, gigantesco”, e prende il nome dalla Dea-Ninfa Pelorias, esistevano due laghi. In seguito a un enorme tsunami che modificò la morfologia del luogo i due laghetti si fusero in un unico lago (di Ganzirri) e se ne formò un altro (il lago del Faro) che inghiottì la città di Risa. Questa la storia, vera o presunta, tramandata dagli anziani del luogo nel corso del tempo. Cosa ti affascina di questa storia? Mi affascina ogni cosa, la parte legata al mito e alla leggenda; in particolare mi attrae l’idea che ci sia davvero qualcosa di nascosto che giace in profondità, qualcosa che abbiamo dimenticato e che resta silente in attesa di essere riscoperto.

Pensi che un giorno di immergerti in quelle acque per scoprire la verità? Molti dei sommozzatori che hanno provato ad esplorare questo lago parlano della difficoltà tecnica dovuta alle caratteristiche del fondale; la cosa che più mi ha colpito è la testimonianza di alcuni che, una volta immersi, sono pervasi da un senso di angoscia, sentendosi costretti a tornare indietro. Non nascondo il desiderio di immergermi io stesso per provare queste sensazioni di persona.

Tornando al tuo lavoro di artista poliedrico, quali sono i tuoi prossimi obiettivi? Ho da poco realizzato un’opera monumentale commemorativa del finanziere Giovanni Denaro; nata grazie alla collaborazione con la galleria Zancle Art Project, presto verrà inaugurata nel paese di Castanea delle Furie in provincia di Messina. Successivamente ho progettato una serie di opere di grandi dimensioni da realizzare interamente con ferro e pietre recuperate dai fondali marini. Il tema di queste opere sarà la raffigurazione di scheletri di animali degli abissi, resti di un’esistenza passata ma non ancora svanita.


*Roberto Sciarrone, direttore responsabile di Verbum Press