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Momenti di un sentire, un poetico viaggio nella vita di Santi Albano

Momenti di Sentire”, il nuovo libro di Santino Albano, ripercorre tutta la vita del poeta. Con Intensità e veemenza racconta ricordi e quotidianità suoi e dei suoi affetti più cari

La silloge poetica di Santi Albano: “Momenti di un sentire” (C. E. Gruppo Albatros Il Filo s.r.l.Roma,2024 pagine 145) rappresenta l’intenso percorso lirico dell’autore, come si evidenzia dal sottotitolo: “Poesie di una vita”. Il poeta ripercorre la sua vita e quella dei suoi affetti più cari ed, in particolar modo, si sofferma sulla figura del padre come esempio di abnegazione” e “modello di comportamenti morali irreprensibili”. Tutta la famiglia comunque costituisce un punto di riferimento saldo ed inossidabile, per la crescita culturale e sociale del poeta. La nostra sociètà oggi si mostra carente di siffatti valori, tutto è “in un tumultuoso itinere”, molti i turbamenti e le preoccupazioni che amareggiano la nostra vita, molte le ingiustizie e le sopraffazioni che constatiamo. Che fare? Santi si rivolge al lettore ed assevera “Il mio poetare necessita del tuo aprirti al mondo”, quindi la poesia come “ecclesia” universale. Nel 1975, Montale, in occasione dell’assegnazione del premio Nobel, si chiede se potrà mai sopravvivere la poesia, nell’universo delle comunicazioni di massa. Albano, con la sua silloge, ce ne dà conferma. Le sue tematiche non solo dispiegano il quotidiano ma anche accumulano ricordi che divengono punti luce della raccolta. Il linguaggio poetico si rivela quindi, colto e ricercato ma mai oscuro: la sua poesia è intensa e lieve nello stesso tempo. Quasi soffiata e bisbigliata, anche quando le tematiche proposte risultano impegnative, dolorose, strazianti, come nella lirica, “La via crucis dei migranti”. Tra le figure più carismatiche della silloge vi è Leonardo da Vinci: “Ei fu arlecchino nel pensare/più volte sorse ingegnere, artista, scultore /e della vita fu precursore”. La squallida realtà che ci opprime, a causa delle guerre e delle calamità naturali, non deve oscurare le nostre menti e banalizzare le nostre scelte. Albano respinge la morte dell’arte preconizzata da Hegel e riporta in avanti i saldi valori della fede, della cultura e dell’amore del prossimo. Il Divino non è mai discosto dall’umano. La poesia, quindi, non deve essere altisonante ma dolcemente ritmata, capace di placare gli animi ed allertare le menti. Le varie sezioni di cui si compone la silloge, focalizzano vicende sociali, tipiche della nostra modernità “asfittica” e “pieces de vie” che fanno intensamente riflettere il lettore sui temi del rifiuto, dell’abbandono, della violenza, della prevaricazione ma, anche, della carità cristiana e dell’amore del prossimo. La triste ed ingiusta condizione dei migranti, destinati a soffocare i loro sogni e le loro aspettative nel fondo del mare, indigna il poeta che lancia un anatema contro chi incatena la libertà altrui (Frivoli Assassini). La poesia di Albano tende quindi alla riemersione dell’io: bisogna estirpare “il malefico cancro della disumanità che s’insinua nel vissuto quotidiano e la fa da padrone” Egli fa ironia nei confronti della classe dirigente che non tende la mano verso i derelitti. Una sezione della silloge è dedicata alla poesia vernacolare, intensa e plastica, ricca di termini che rimandano ad un mondo quasi arcaico. L’uomo è fragile, debole e manipolabile ma la luce divina non lo abbandona. Di rilievo, l’attenzione del poeta nei confronti del linguaggio vernacolare che anima vari suoi testi poetici. Grande sensibilità e spiccata “verve” poetica oltre alla cultura ed alla saggezza del poeta, fanno di questa silloge, un vademecum della nostra spesso”dolorosa” modernità. Chi ha recensito ringrazia quanti leggeranno questo testo, la cui finalità è quella di auscultarsi e di non rinunciare ai valori della cultura e di trarre dalle grandi anime il vero senso della vita.

*Pina D’Alatri, operatrice culturale