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Il calcio come esperienza religiosa, il nuovo saggio di Andrea Novelli

Uno spaccato del nostro Paese attraverso il calcio. Intervista a cura di Roberto
Sciarrone

Il calcio come esperienza religiosa, questo il titolo del nuovo saggio di Andrea Novelli, scrittore, sceneggiatore e critico, autore di romanzi gialli e thriller di successo tra i quali

Soluzione finale (Marsilio), Per esclusione (Marsilio/Mondadori), Il paziente zero (Marsilio). Un saggio che racconta uno spaccato del nostro Paese attraverso il calcio e tutto ciò che muove, dalla passione ai riti perpetui che si ripetono nel tempo. Andrea partiamo proprio dal 1989 anno per te simbolico per le tre italiane finaliste nelle coppe continentali, preludio di un ciclo d’oro che avrebbe consacrato i nostri club tra i più forti d’Europa. Cosa succede in quell’anno?

Nel libro “Il calcio come esperienza religiosa” racconto un viaggio nella memoria, l’esperienza vissuta in prima persona dell’epica giornata del 19 aprile 1989.

Cosa accadde quel giorno?

Si svolsero le semifinali di ritorno delle coppe europee Sampdoria-Malines 3-0, Milan-Real Madrid 5-0 e Bayern Monaco-Napoli 2-2. Erano gli anni in cui le partite delle tre competizioni continentali si svolgevano tutte lo stesso giorno, di mercoledì.

Il romanzo, resoconto in presa diretta dagli stadi di Genova e Milano con gli aggiornamenti via radio da Monaco di Baviera, è rivolto agli amanti del calcio e della letteratura sportiva che ultimamente sta trovando molto spazio nelle librerie con tante opere che vanno oltre la fredda cronaca e i dati statistici.

Si trattò di un giorno straordinario, quello che è considerato da tutti gli addetti ai lavori come lo snodo cruciale che ha dato al nostro calcio la consapevolezza di poter primeggiare in campo internazionale, il preludio a un’epopea durata un decennio che ha visto ben sette squadre ottenere almeno una vittoria europea.

Nella stagione 1988-89 solo per la sconfitta in finale della grande Samp di Vialli e Mancini a opera del Barcellona, infatti, le italiane non riuscirono a completare già quell’anno un clamoroso en plein, ma si dovette attendere ben poco: nella stagione successiva, con la conquista contemporanea di tutti e tre i trofei con Milan, Sampdoria e Juventus, l’Italia conseguirà un record ineguagliato e di fatto ineguagliabile, visto che la Coppa delle Coppe non esiste più.

Nel libro cerco di descrivere quella giornata straordinaria insieme ad altre mille cose, parlando di calcio anche nei suoi aspetti meno evidenti, approfondendo temi sociologici, parlando anche di filosofia e di fisica.

Cosa hai pensato lo scorso anno con le tre finaliste italiane (Inter, Roma e Fiorentina) sconfitte? 

Cosa ho pensato è stato diverso da cosa ho sperato. Ho pensato che fosse un segno del destino che a distanza di così tanti anni il calcio italiano potesse schierare 3 squadre nelle 3 competizioni continentali in concomitanza dell’uscita del romanzo. Ma ho anche pensato che a differenza della grande epopea degli anni ’90 le chance di Inter, Roma e Fiorentina fossero purtroppo poche sulla carta, vista la forza degli avversari. Quello che ho sperato invece è che, come accade a volte nel calcio, i pronostici avrebbero potuto essere sovvertiti. E non ci siamo andati poi così lontani…

Penso  che la resurrezione del calcio italiano sia ancora possibile. Sono convinto che il nostro retaggio, il nostro bagaglio calcistico lungo oltre un secolo potrà permetterci di andare oltre alle sole logiche economiche e di business che sembrano ormai imperanti nel football.

Se è vero che, come scriveva Pasolini, che il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo, quell’aprile 1989
attraverso il calcio un Paese intero si sentì migliore, quali furono i risvolti positivi nella nostra società secondo te?

Chi ha vissuto quegli anni non potrà non averne un ricordo positivo. L’Italia era ancora considerata una delle maggiori potenze economiche mondiali. Nel 1991 il governo italiano dichiarò che l’Italia era diventata la quarta nazione più industrializzata del mondo dopo Stati Uniti, Giappone e Germania e davanti a Francia e Inghilterra.

Forse era tutta un’illusione, come si è capito dopo, o forse no.

Quello che è certo è che il clima era molto diverso da oggi. C’era più spensieratezza e ottimismo, più slancio.

Forse la ragione più importante è solo perché il paese era demograficamente più giovane e per questo più motivato. La generazione che ha vissuto quegli anni serba infatti un ricordo molto positivo.

In questo senso il calcio come specchio del paese, con i suoi pro e i suoi contro, ne ha tratto molti benefici.

I presidenti dell’epoca – allora veri e propri mecenati – non badavano a spese e tutti i campioni più forti giocavano in Italia. La seria A era quello che oggi rappresenta la Premiere League, ma forse anche di più.

Abbiamo vissuto due mondiali senza l’Italia in mezzo a un Europeo vinto con grande sorpresa di tutti, poi Mancini è andato via ed è arrivato Spalletti dal Napoli artefice di uno scudetto straordinario, nei numeri e nella bellezza mostrata nei campi italiani ed europei. Come spieghi questi continui “alti e bassi” e torneremo a vincere le coppe europee a livello di club?

I risultati nel calcio sono sempre frutto di innumerevoli fattori. Il fascino di questo sport in particolare è che anche con grossi budget la vittoria non è comunque scontata. La storia del calcio è contraddistinta da tanti episodi in cui Davide ha battuto Golia. Il fattore fortuna, spesso invocato, può giocare un ruolo, ma molte volte è l’alchimia che si viene a creare in certi contesti a creare le condizioni per il successo. Quello che conta di più, come in ogni settore, è avere una visione. In questo periodo sto leggendo molto materiale sul tennis, altro sport di cui sono grande appassionato, e ho verificato che la forza della convinzione, la determinazione, l’abnegazione sono i fattori vincenti dei campioni, non solo il talento. Così è stato per la nazionale che ha vinto gli Europei, dove molto ha contato il gruppo. Per il Napoli dal gioco straordinario – ricordo per tutte la partita di Champions Napoli-Liverpool 4-1 – c’è stata una favorevole concomitanza di più fattori che hanno dato vita a una squadra che rimarrà nella storia, non solo di Napoli.

Di converso, la cosa altrettanto incredibile è che cambiando anche solo una variabile, come in una favola, l’incantesimo si rompa e tutto svanisca.

L’Italia che non si qualifica ai mondiali, il Napoli che quest’anno delude ed è fuori dai giochi per riconfermarsi campione.

La bellezza del calcio che ha fatto appassionare milioni di tifosi sta proprio in ciò, nell’’imprevedibilità dei risultati. Per questo molti parlando del calcio come metafora della vita.

*Roberto Sciarrone, direttore responsabile di Verbum Press