“Fame del passato”. Il successo delle Rievocazioni storiche
L’intrattenimento culturale, legato alla promozione dei territori ha portato a un cambiamento della proposta turistica incrementando un settore conosciuto come “turismo della memoria”
Dall’alba dei tempi, le persone si tramandano usanze e tradizioni, attraverso parole ed esempi, al fine di trasmettere certe conoscenze alle future generazioni; alcune di queste testimonianze sono state consegnate in forma orale con consuetudini e detti popolari, oppure riportate in forma scritta, altre sono state narrate attraverso monumenti, lapidi, commemorazioni e discorsi, permettendo così, di sviluppare forme di sapere analoghe a quelle dei predecessori per utilizzarle nel presente. Tutte hanno contribuito allo sviluppo e al radicamento sociale in quanto appagano necessità che risalgono alla nascita dell’uomo. Ricordi individuali e collettivi si sono intrecciati, amalgamati, formando la memoria storica. Il progressivo e ampio sviluppo tecnico, economico e culturale con le sue trasformazioni, la continua perdita di paesaggi, mestieri con i relativi strumenti, usanze e forme di comportamento che ci ricordavano come eravamo, ha accentuato il timore di perdere questo radicamento e diffuso un sentimento sempre più identitario. A fronte dei fenomeni della globalizzazione e delle società liquide si è fatto più pressante il desiderio di recupero e di capitalizzazione del passato anche in ambito ludico. L’intrattenimento culturale, legato alla promozione dei territori ha portato a un cambiamento della proposta turistica incrementando un settore conosciuto come “turismo della memoria”, che sta rappresentando un grande volano di sviluppo economico con la creazione di attività economico-culturali e di nuovi posti di lavoro. Si sta, dunque, confermando una stretta relazione tra turismo e beni culturali, in una visione fortemente patrimonialistica, dove il turista diventa un consumatore di cultura. Infatti, almeno il 59% dei visitatori stranieri sceglie come meta turistica l’Italia per il suo patrimonio storico-culturale, elemento chiave insieme all’enogastronomia del concetto di made in Italy. Questo sentimento si riflette anche sui turisti italiani, che ormai considerano la ricerca delle tradizioni e della memoria, quasi come uno status simbol, una forma di affermazione sociale. Gli statunitensi la definiscono “fame del passato” un desiderio quasi compulsivo di approfondire il ruolo che il proprio popolo o comunità ha apportato nella storia e che si traduce nel grande successo delle città d’arte, delle domeniche al museo, dei prodotti televisivi, digitali, documentaristici e cinematografici di ambito storico.
Non è un caso, dunque, che negli ultimi decenni abbia conosciuto una grande fortuna in tutto il mondo occidentale, il fenomeno delle rievocazioni storiche che, in Italia, si è innestato all’interno di una solida tradizione di feste civiche, antichi giochi e sfilate in costume, celebrazioni laiche e religiose. Ne è scaturita una vasta gamma di eventi pubblici centrati sulla ricostruzione e messa in scena di episodi o forme di vita del passato spesso ben documentato, talvolta più stereotipato se non fantastico, in cui gli interpreti e il pubblico rivivono e conoscono i contesti storici in modo immersivo attraverso strumenti e tecniche performative come il mascheramento, le discipline del corpo, le ricostruzioni di ambienti e di attività, di mestieri, di usi abitativi, alimentari. Gli eventi rievocativi, per quanto spesso sostenuti dalle istituzioni, hanno avuto origine e radicamento ‘dal basso”, soprattutto da associazioni di volontariato e gruppi di appassionati. Tra gli esperti si usa distinguere tra ‘rievocazione’ e ‘ricostruzione’: quest’ultima viene considerata più scientifica e filologicamente fondata, la prima più immaginativa e mossa da esigenze teatrali e spettacolari. Nelle moderne manifestazioni i due aspetti tendono sempre più a integrarsi trasformando la rievocazione in una pratica esperienziale capace di coniugare conoscenza storica ed emozioni. Il mondo anglosassone usa i termini di reenactment e della living history per indicare questa riproposizione di vicende e situazioni di epoche passate, di comportamenti e modi di vivere in cui l’interdisciplinarità riesce a collegare intrattenimento, aspetti educativi e mercato senza rinunciare alla fedeltà storica. L’Italia con il suo immenso patrimonio di feste tradizionali e folkloristiche poggiate su una base storica senza eguali nel mondo è indiscutibilmente un laboratorio perpetuo di memoria storica. Naturalmente, è diventato indispensabile assicurare un’accurata ricostruzione filologica in cui la veridicità storica (la compatibilità con il periodo ricostruito di tutto ciò che si fa, s’indossa, si usa e si dice) è raggiunta al livello massimo. Essa si compone di tre vertici: veridicità materiale (gli oggetti “di scena”), veridicità comportamentale (personale e collettiva durante l’evento) e veridicità ambientale (tutto ciò che circonda la rievocazione). Bisognerà individuare il periodo storico e l’area geografica, analizzare fonti dirette come quadri o documenti d’archivio appartenenti al periodo storico, e indirette come volumi di saggistica o storiografia, ricercare gli artigiani capaci di riprodurre oggetti e vestiario; a volte potrà essere necessario ricorrere all’aiuto di un accademico.
“Cos’è essenziale, nei ricordi e rievocazioni? Ciò che sarà colto, rivissuto da chi non c’era. In fondo, è la sola immortalità che ci compete.“ ha affermato la giornalista Lalla Romano; in realtà l’attività non è scevra da rischi ed eccessive semplificazioni e nel 2003 è stato istituito un Regolamento Italiano per la Rievocazione Storica (RIRS), redatto dall’associazione Veneto Storico, che attraverso dieci articoli fornisce le norme da seguire per offrire al pubblico un progetto serio. In base ad esso è stata formulata una Guida alla valutazione delle Rievocazioni che, attraverso dei parametri, permette di giudicare una manifestazione storica così da evidenziarne pregi e difetti, fondamentale per indicare agli organizzatori quali siano i punti sui quali intervenire per offrire un prodotto migliore, abbattendo la diffidenza accademica, tanto che la pratica è ormai largamente utilizzata da musei, siti archeologici e culturali.
Un grande lavoro scientifico e organizzativo capace di riconnettere luoghi e paesaggi, di costituire un’identità territoriale carica di una forte dimensione emblematica. Un processo che rivolge l’attenzione verso la conservazione, la memoria e la conseguente promozione del patrimonio storico-culturale. Rievocazioni e ricostruzioni, inserite nei diversi contesti, possono aiutare e sviluppare la didattica, l’economia e il turismo. Infatti, ciò che differenzia la vecchia e la nuova concezione della rievocazione è il contatto con il pubblico. Esse propongono un modo di insegnare e un approccio culturale semplice e accattivante, a contatto diretto con oggetti e pratiche difficili da comprendere con uno studio tradizionale della storia. Utile per questo percorso potrebbe essere l’inserimento di programmi accademici della Public History, ovvero quella materia che si occupa della divulgazione della storia, specialmente verso un pubblico non accademico, attraverso tutti i canali disponibili, e che si è sviluppata intorno al 1970 negli Stati Uniti. Story telling, audiovisivi, laboratori esperienziali trasformano il soggetto che usufruisce della storia in maniera passiva in soggetto attivo, coinvolgendolo nel processo narrativo, permettendogli di vivere nella storia, portandolo ad agire e pensare con un’ottica più vicina al passato, offrendogli non solo i materiali e le tecniche dell’epoca ma anche i colori e gli odori.
E’ la nuova frontiera della reenactment e della living history proiettata allo sviluppo di progetti narrativi che prendono il nome di live interpretation o museum theatre perché presuppongono la conoscenza di tecniche espositive teatrali. Un’esperienza rivolta a un pubblico più semplice ma anche ai ricercatori che, affiancando i rievocatori, si rendono partecipi nella sperimentazione archeologica, dando un contributo negli esperimenti definiti “di prima generazione”, perché necessari per valutare le variabili analizzate durante l’indagine archeologica. – Si pensi alla sella rinascimentale, riprodotta sulla base di un dipinto di Sandro Botticelli intitolato Nastagio degli Onesti; – ci spiega Roberto Martuscelli Cinquegrana Responsabile Nazionale dell’Accademia di Equitazione Storica e presidente dell’Associazione di Rievocazione Storica “Compagnia dell’Aquila Bianca – solo ricostruendola e utilizzandola praticamente è stato possibile comprendere come andavano messi gli staffili e le staffe montando in armatura, come doveva essere l’arcione, quale fosse la reale postura del cavaliere -.
La rievocazione storica applicata ai musei archeologici, soprattutto gli open air, oltre che richiamare un numero maggiore di visitatori, può fornire informazioni più chiare su dinamiche empiriche esperimentali grazie alla contestualizzazione degli oggetti archeologici chiusi nelle loro vetrine e dare, quindi, una maggiore concretezza della storia; d’altro canto le associazioni storiche possono offrire un racconto tridimensionale mostrando il vero l’utilizzo degli oggetti esposti, come venivano realizzati.
L’Italia ha a disposizione almeno 472 siti storico-culturali tra musei, monumenti e aree archeologiche, e numerosi iter tematici in cui poter inserire un evento di rievocazione, al fine di offrire un approccio diverso alla divulgazione e conservazione del proprio patrimonio tradizionale, da cui poter trarre grandi risorse economiche che permettano anche la crescita e la valorizzazione di questo settore in tutte le zone del paese, anche le più remote. Basti pensare ai progetti che riguardano i cammini, la Via Francigena, l’Appia Antica, o percorsi interculturali come la Rotta di Enea o l’Isidis Route capaci di mostrare connessioni antiche e moderne tra luoghi, popoli, usanze, prodotti. Non a caso il Ministero della Cultura, con appositi decreti, ha implementato nel 2023 i fondi destinati a Regioni, Comuni, Istituzioni culturali e Associazioni di rievocazione storica per la valorizzazione di queste attività. La Storia non può più essere relegata nelle pagine dei libri o negli scaffali degli archivi ma “va vissuta, celebrata, discussa, analizzata” dal vivo.
Naturalmente, occorre riservare grande attenzione ai pericoli di un eccessivo utilizzo di queste pratiche, come il fenomeno dell’overtourism che può portare a uno squilibrio socioculturale nelle destinazioni turistiche, a causa dell’allontanamento dei residenti dalle aree urbane centrali per la modifica della destinazione d’uso degli immobili presenti e del loro valore e che può portare a una turismofobia. Per alcuni sociologi ciò rischierebbe di allentare la coesione sociale tra i cittadini, portando all’abbandono delle associazioni storiche perché gli abitanti potrebbero non sentire più proprio il luogo in cui vivono e lasciar cadere nell’oblio il passato e le sue testimonianze. Inoltre, bisogna prestare molta attenzione alla tentazione della spettacolarizzazione dell’evento, o dysneyficazione, cedendo a troppi compromessi che mettano in dubbio l’autenticità e la filologicità della rievocazione storica, trasformando il passato in un racconto romanzato. Rischi e opportunità da ponderare e bilanciare quando si propongono nuovi metodi di comprensione della Storia, per non trasformare la fame di passato, in voracità di suggestioni.
*Fiorella Franchini, giornalista