Città reali, città immaginarie
A Roma, P.zza del Parlamento, 19, presso una sede della Camera dei Deputati, a Palazzo Theodoli, Sala Matteotti, il 12 giugno 2023 si è tenuto il convegno che, prendendo spunto dal libro di Carla Guidi “Città reali, città immaginarie”, ha trattato nei vari interventi i problemi di oggi nelle città ed ha presentato alcune nuove tipologie di arte.
Per l’invito ho voluto ringraziare, l’Onorevole Roberto Morassut, il presidente dell’Associazione Etica Massimo De Simoni e la prof.ssa Carla Guidi, autrice del libro che ha ispirato l’evento.
Conosco Carla Guidi ormai da diversi anni, come giornalista e scrittrice, ma con un passato di studi, e ricerche sull’Arte, materia che ha insegnato negli istituti superiori. Da subito è nata un’amicizia ma anche un programma di lavoro, tanto che mi invitò a parlare in una conferenza che aveva organizzato a Roma su “Il Tatuaggio come Identità e Memoria, nella tendenza erratica dell’Arte”
Qualche tempo fa mi chiese una prefazione al libro di cui si parla; dopo aver accuratamente letto il testo, ho scritto le mie impressioni, confrontandomi con il grande sociologo Franco Ferrarotti. Oggi, indegnamente, mi esprimerò anche in sua vece, dicendo che la prima impressione che si ha, sfogliando le pagine nei vari capitoli, è di un insieme di argomentazioni slegate tra di loro; ma poi, a guardar bene e nell’approfondire il testo ci si accorge che l’argomento è unico: cercare di raggiungere un sufficiente grado di vivibilità nelle grandi metropoli, cercando di contrastare l’iper-urbanizzazione, a volte selvaggia, dovuta a notevoli flussi migratori dai centri minori vicini, dalle regioni del Mezzogiorno, da paesi in via di sviluppo, da guerre infinite, con conseguenti metamorfosi sociali.
La popolazione, sia nei paesi industrializzati, sia in quelli in via di sviluppo, è sempre più concentrata nelle città, che, superando il limite del 50% della popolazione mondiale rispetto alle aree rurali, sono in alcuni casi diventate vere megalopoli; nuclei urbani che si allargano a macchia d’olio, divorando, indiscriminatamente ed in maniera irreversibilmente distruttiva, lo strato fecondo della campagna. Si pensi che nel nostro pianeta la grande Tokio raggiunge quasi 40 mln di ab., le aree metropolitane di Città del Messico, Delhi, Karachi, Mumbai, New York, Pechino, San Paolo, Seul, Shanghai, superano i 20 mln di ab. Seguite a ruota dalla grande Los Angeles e Istambul con rispettivamente 19 e 17 mln. Tante altre città, alcune a noi quasi sconosciute, superano i 10 mln di abitanti.
Recentemente ho relazionato, presso la sede comunale di una cittadina abruzzese, in un convegno che trattava dei borghi antichi e dell’importanza sociale dei piccoli centri urbani. L’Associazione che presiedo ha sempre avuto a cuore gli usi e costumi dei piccoli e medi centri urbani che, rispetto alle grandi città, essendo meno fagocitati dalle industrie, dall’immigrazione incontrollata e dalle grandi emergenze in generale, possono mantenere e mettere in risalto il vero volto della tradizione.
Il nostro intento è sempre stato quello di salvaguardare l’ambiente, gli usi e costumi che fungono da legante verso la popolazione. Ci è sempre piaciuto dare risalto all’importanza dei piccoli e medi centri storici, alle radici culturali che con il passare dei secoli si rafforzano in questi antichi borghi, fucine di cultura, pietre miliari e pietre preziose della nostra magnifica nazione; ma non è sempre così: a livello mondiale la popolazione si riversa sempre più nelle metropoli, e la situazione è ancora più sconcertante poiché questo avviene in un’epoca dove l’informatica e l’elettronica permettono di spostare fuori dai nuclei urbani molte attività lavorative, per esempio con il Telelavoro o lo Smart Working; oggi teoricamente è possibile comandare l’intero pianeta, dal divano di casa in campagna, senza vedere anima viva. Sta di fatto che queste enormi conurbazioni si stanno allontanando sempre più dal concetto di organismo equilibrato, a misura di esigenze comunitarie umane, basato su di un piano urbanistico funzionale.
In questa società, ormai sempre più globalizzata, stiamo vivendo in quella che il sociologo polacco Zygmunt Bauman (scomparso da pochi anni) ha chiamato, con un felice intuito, “società liquida”. Il consumismo è sempre più virale mentre lo scorrere del tempo, sempre più accelerato, mal sopporta le forti speculazioni finanziarie ed il bombardamento mediatico. Tutto ciò contribuisce ad indebolire la memoria individuale e culturale, il contatto con una realtà anche corporea. Ma l’arte è un linguaggio prima di essere un oggetto di mercato; le sue componenti, come per ogni linguaggio, sono simboliche ed immaginarie ed insieme contribuiscono a costituire quell’identità psico-corporea di cui abbiamo estremamente bisogno, così come abbiamo sempre più bisogno di una lettura sociologica che evidenzi le reazioni sociali ed i movimenti, se vogliamo, di recupero che, spesso ignorati, sorgono spontaneamente per permetterci di ritrovare equilibrio e salute mentale.
Un eccessivo sovraffollamento ed un ambiente mal curato, deformato ed anonimo, dove la natura è stata avvelenata o distrutta, ha innescato fenomeni di incuria, aggressività e patologie sociali, ma, come sempre succede, anche reazioni virtuose scaturite in importanti forme d’arte che negli ultimi anni si sono imposte sempre più, costituendo di fatto anche una risorsa economica di un certo rilievo.
Il testo della giornalista e docente di storia dell’arte, Carla Guidi, è suddiviso in sette capitoli suddivisi in varie tematiche, ognuno con le immagini prese dalla ricerca fotografica di Valter Sambucini, le cui foto, parte essenziale della struttura del libro, contribuiscono a mettere in evidenza il valore ed il significato sociologico dei massicci fenomeni collettivi, scelti anche in funzione del fatto di possedere alcune caratteristiche in comune, ma soprattutto di essere capaci di esprimere un disagio, una serie di problemi e, contemporaneamente, rappresentare la ricerca attiva di una loro soluzione, non secondariamente costituendo una nuova fonte di economia condivisa.
Nel corso dei lavori abbiamo avuto il piacere di presentare gli artisti Marco Manzo, tatuatore e scultore, e Maupal (Mauro Pallotta), street artist, entrambi di fama internazionale e vanto della capitale; due artisti geniali che operano in due discipline, i tatuaggi e le pitture sui muri delle città, che stanno andando tanto di moda, ma che in effetti sono praticate da millenni: l’“Uomo del Similaun” ribattezzato Otzi, la mummia trovata sulle Alpi nel 1991, al confine con l’Austria, vissuto, anno più anno meno, nel 3.200 a.C., cioè più di 5.200 anni fa, ha il corpo pieno di tatuaggi, per non parlare delle pitture rupestri ritrovate nelle grotte abitate nella preistoria in diverse parti del pianeta, risalenti anche a 40.000 anni fa.
*Pietro Zocconali, presidente Assoc. Naz.le Sociologi ANS, giornalista