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Dalla Slovenia Peter Semolič

Peter Semolič, nato a Lubiana nel 1967, ha studiato Linguistica Generale e Studi Culturali all’Università di Lubiana. È autore di sedici libri di poesie: Tamarisk (1991), The Roses of Byzantium (1994), House Made of Words (1996), Circles Upon the Water (2000), Questions About the Path (2001), Border (2002). ) The Bog Fires (2004), A place for You (2006), The Journey Around the Sun (2008), The Milky Way (2009), Poems and Letters (2009), Night in the Middle of the Day (2012), The Second Shore (2015), Visits / Visite (2015) e The Edges (2020). Ha ricevuto numerosi premi per il suo lavoro, inclusi i due premi più eminenti in Slovenia, il Premio di poesia di Jenko e il Premio della Fondazione Prešeren (il Premio nazionale per la letteratura e le arti). Nel 1998 ha anche vinto il Vilenica Crystal Award e il Velenjica Award (2016) per “10 anni di eccezionale lavoro poetico”. Peter Semolič scrive anche opere teatrali, letteratura per bambini e traduce dall’inglese, francese, serbo e croato. È co-fondatore e caporedattore dell’unica rivista di poesia online slovena Poiesis (http://www.poiesis.si/)

La foresta

La foresta inizia proprio dietro casa. Acacia e sambuco,

poi faggio, carpino e quercia. Esclami la “pigna”!

Senti qualcosa di primordiale strisciare sotto la tua pelle,

qualcosa di orribile, che ti ha messo ansia?

Taglia. Il sentiero non è più ripido, le radici scompaiono

nella terra, gli alberi frondosi sono sostituiti dall’oasi dell’alto

abete rosso. Il terreno è marrone, ma ricoperto

dagli aghi caduti. Puoi facilmente immaginare di

costruirci un santuario, d’ inventare il Dio corteccia,

che odorerebbe di resina ed eviterebbe ch’il mondo

marcisse. E punirebbe coloro che in ogni anno che passa

vedono la moltiplicazione del profitto.

Taglia. Decidiamo di camminare in silenzio.

Non sto pensando al passato o al futuro.

Basta camminare sempre più in profondità nella foresta.

Taglia. Io sono lì. Al di sopra di quel pendio. Con le gambe

sepolte nella terra nera, e la testa

piena di capelli verdi. Gli uccelli ci hanno fatto un nido.

L’acchiappasogni

Non sogna più. Queste non sono le mie parole.

I resti del giorno sono troppo pallidi e i vecchi

traumi hanno perso il loro impatto. Dico:

Il sistema solare viaggia nell’universo nella forma

di una spirale. Chissà dove sarà questo treno

tra mille anni e più? I sogni sono essenziali,

così come il cibo e l’arte. Nessuno dovrebbe esserne

convinto. Mantiene il silenzio; quanto al cielo,

è interessato solo ai buchi neri e a quando

sarà collegato al cavo in fibra ottica.

Non voglio dire “me stesso” o “una zona di comfort”,

nemmeno “un confine” o “un trasferimento”. Sul muro,

c’è l’acchiappasogni che ha comprato in un negozio

di articoli etnici. È rotto, dice,

o finito. Penso tra me e me e non lo dico:

E se anche i nostri sogni fossero stati solo messi in scena?

Lipica*

L’hotel è chiuso da anni. Fai un passo

tra le colonne dell’atrio, spazzando via la polvere

dalla porta d’erba. È buio e vuoto nel bel mezzo della giornata

come se fossero le 3 del mattino e anche l’addetto alla reception

s’è addormentato, nascosto dietro la scrivania deserta. Sotto

i passi, tra le lastre di cemento,

germogliano erba e dolore. Non hai mai pensato

che tali edifici potrebbero essere pervasi da una simile

malinconia. Non sei ancora vecchio – hai solo un odore strano –

la nicotina e la solitudine riempiono sempre più i vuoti

nel tuo corpo, hanno impregnato la tua pelle.

Pertanto, non abbassi le palpebre per immaginare le donne

e gli  uomini, forse i bambini, che escono dall’ascensore,

riconsegnando le loro chiavi,  simbolo delle loro vite fugaci.

Dietro la tua schiena, una nuvola oscura il sole.

Ad un tratto, ti guardi negli occhi.

Lipica, 7 settembre 2018

*Un insediamento nel Carso sloveno, vicino al confine italiano, noto soprattutto per i suoi cavalli lipizzani.

*Claudia Piccinno, scrittrice