I fantasmi della guerra. Achille Guzzardella pittore
Dalla scultura alla pittura con estrema versatilità, dal 3 febbraio 2023 la mostra a Verona
Achille Guzzardella è artista raffinato, poliedrico, che spazia dalla scultura alla pittura con estrema versatilità, confrontandosi ora con la tradizione ora con la contemporaneità, ora col ritratto scultoreo ora con l’onirismo pittorico. Formatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera e al Politecnico di Milano, dove si è laureato in Architettura e Urbanistica, è stato insignito di numerosi premi, classificandosi secondo al Premio Scultura Cesare Pavese nel 2013 e primo nel 2016 al medesimo Premio. Sue opere si trovano oggi a Grado, Mosca, Santana (California) e Vienna, dove gli viene commissionato nel 2017 un busto del fisico e premio Nobel Enrico Fermi. Parallelamente, Guzzardella ha proseguito un’attività giornalistica e pubblicistica e si è cimentato con la scrittura nell’ambito della saggistica. Docente di Architettura e di Discipline Plastiche al Liceo di Brera, Guzzardella affianca l’insegnamento all’impegno culturale, partecipando ad esposizioni dal 1981, anno della sua prima personale alla Galleria Valentini di Milano, fino a oggi.
Il 3 febbraio 2023 ha inaugurato presso il Liceo Artistico di Verona la mostra “I fantasmi della guerra”. Achille Guzzardella pittore” (fino al 16 febbraio), a cura di Valentina Motta, Docente, storica dell’arte e scrittrice. L’esposizione è dedicata agli ultimi lavori artistici del Maestro e comprende 15 oli su tela, tutti di dimensioni 65 x 90 cm., che sviluppano il medesimo soggetto – i fantasmi della guerra – ma con una gamma cromatica sempre diversa; inoltre, le tele assumono talvolta spunti impressionistici talaltra espressionistici per via del differente uso sia del colore sia del segno grafico, ora più leggero e ora più marcato, fino ad arrivare ad esiti quasi astratti tanto la forma perde di consistenza e si smaterializza. Come spiegato dall’artista stesso in un’intervista a me rilasciata in occasione della curatela dell’esposizione, si tratta di “appunti” sulla società odierna e, in particolare, sulla “confusione sociale” e la guerra, che contraddistinguono la storia dell’umanità, ma anche – appunto – la contemporaneità; infatti, tre delle tele in mostra sono dedicate ai disastri di Mariupol e, quindi, all’attuale conflitto russo-ucraino. Mai nulla di drammatico, però, vi è nelle opere pittoriche di Guzzardella, i cui fantasmi appaiono come “esseri nascosti in una sorta di natura fatta di colori”, presenze di un mondo onirico realizzate con una “libertà di segno voluta e casuale”. Esseri evanescenti o, al contrario, dotati di una propria “fisicità”, i fantasmi si aggirano entro nidi di linee e materia, in composizioni magmatiche e apparentemente caotiche, grovigli di segni da cui emergono volti definiti sinteticamente, occhi stralunati, bocche spalancate, dettagli di un’umanità in preda al delirio. Da questo punto di vista, essi sono anche emblema di una pittura libera e spontanea, fatta di “sogni e visioni” (è questo il titolo di una mostra tenuta dall’artista alla Casa delle Arti nello Spazio Alda Merini di Milano nel 2016), coloristicamente attraenti pur se talvolta tendenti alla monocromia. Dai beige alle tinte rosate fino ai rossi, blu e verdi accesi la serie tocca tutte le infinte potenzialità del colore, assurto a protagonista delle opere d’arte in quanto elemento espressivo in grado anche di suggerire rimandi simbolici al tema della guerra: dal rosso, allusivo al sangue e alla morte, al verde, colore “pericoloso” (M. Pastoureau, Verde. Storia di un colore) riferibile ai diavoli e ai mostri del Medioevo fino al giallo, tinta della pazzia, la grande varietà cromatica non lascia indifferente l’osservatore anche per effetto di un segno sempre incisivo, pregnante e talvolta graffiante.
Presente all’inaugurazione dell’esposizione pure una scultura in terracotta policroma intitolata “L’idolo”, creata tra il 2020 e il 2022, figura arcaica dal valore emblematico e assoluto, vibrante nel trattamento “non finito” e imperfetto della materia, possibile allusione alla vanità dell’inseguimento degli idoli contemporanei. Sottratta alle leggi dello spazio e del tempo, come accade già per gli idoli (“Idolo”, “Idolo ermafrodito”) di Carlo Carrà (1881-1966), la figura però resta incerta, stante, davanti a noi, lontana dalle creature metafisiche del Maestro del Novecento; essa sembra rimandare piuttosto a Ernesto Treccani (1920-2009), artista di “Corrente” (movimento milanese da questi fondato nel 1938, che rifiutava il formalismo in nome di una precisa svolta in senso morale e politico), vicino a Guzzardella per il linguaggio anticonvenzionale e il trattamento lacerato della materia: un’immagine di realismo straziante e magmatico, dal valore assoluto ed eterno, che proietta quest’idolo nella storia dell’arte.
E ancora, l’energia plastica e materica della statuaria di Luciano Minguzzi (1911-2004), “stramba”, come lui stesso la definiva, ma certamente modernissima; Agenore Fabbri (1911-1998) con il suo espressionismo drammatico, che fende, taglia, deforma le superfici: la tradizione scultorea del Novecento si condensa nell’opera di Guzzardella, che ne diventa testimone e prosecutore.
Artista radicato nella storia dell’arte italiana, ma con i piedi nel presente e lo sguardo rivolto verso il futuro, Achille Guzzardella dimostra ancora una volta di essere ideatore e sperimentatore di nuovi linguaggi, nonché di forme artistiche espressive e sempre innovative.
*Valentina Motta, scrittrice