Ersilia Di Palo racconta la sua Artemisia, la sua Eleonora, la sua Matilde
Intervista all’autrice de La mia Eleonora tra storia e mito. Un lavoro storiografico e narrativo che permette di restituire e di esaltare il ruolo niente affatto subalterno dell’altra parte del cielo
Le donne sono state a lungo ignorate da una Storia che è stata raccontata solo attraverso il punto di vista maschile. In qualsiasi campo, da quello letterario a quello filosofico, da quello scientifico a quello artistico, i nomi femminili sono in molti casi assenti, o comunque inferiori rispetto a quelli degli uomini, come ha fatto notare Caroline Criado Perez nel suo saggio Invisibili. A testimonianza di questa invisibilità, la mancanza di dati disponibili sui corpi, le abitudini e i bisogni femminili, un “gender data gap” che crea pregiudizi e distorsioni della realtà, che relega le donne ad essere considerate, come scriveva Simone De Beauvoir, il “secondo sesso”. Se, da un lato, il 21mo Secolo fa registrare un profondo disagio di genere che sfocia in una cieca violenza, dall’altro sta recuperando una serie composita d’informazioni che mostrano quanto sia irragionevole continuare a credere che le donne siano state veramente marginali. In questo revisionismo, ha un grande valore il racconto che le donne fanno di se stesse e dei personaggi femminili. Un lavoro storiografico e narrativo che permette di restituire e di esaltare il ruolo niente affatto subalterno dell’altra parte del cielo. Ersilia Di Palo, scrittrice e drammaturga, ha elaborato un suo personale metodo di scrittura, sperimentato nella sua lunga esperienza d’insegnante e di operatrice culturale, che coniuga saggio e teatro storico, per narrare alcune delle protagoniste dell’avventura umana. Artemisia Gentileschi, Eleonora Pimentel de Fonseca, Matilde Serao prendono vita dalla sua penna, sia che si tratti di copioni, sia che si tratti di ricerca critica come “La mia Eleonora tra storia e mito”, libro scritto con lo storico Guido D’Agostino. Ersilia Di Palo ne onora l’ingegno, il valore, gli ideali umanizzando le loro vicende, mettendo in luce i sentimenti più intimi e l’ambiente culturale in cui hanno vissuto.
Ersilia, da quale prospettiva racconti Eleonora, Artemisia e Matilde?
Tutti i personaggi femminili sono messi in una luce teatrale che esalta il loro contributo dato al processo di emancipazione delle donne nella Storia. Lo scopo del mio lavoro è quello di riportare il percorso femminile sotto i riflettori, contribuire alla consapevolezza che il progresso umano e culturale è frutto anche dell’impegno politico, intellettuale e sociale delle donne. Le donne del passato, nonostante le grandi limitazioni loro imposte in tema d’istruzione, di libertà e di diritti, hanno dato un formidabile contributo all’evoluzione dell’umanità. Insomma, oltre ad essere mogli e madri sono state costruttrici di storia e di civiltà in tutti i campi.
Narrativa e teatralizzazione, che differenze hanno nel racconto delle tue donne?
La scrittura teatrale è immediata, mira all’evoluzione dell’azione scenica. In ogni scena sono i personaggi che creano situazioni e ogni scena ha uno scopo da raggiungere in corrispondenza dell’obiettivo finale. Quando scrivo un testo teatrale, ho tutto ben definito nella mia mente, la trama in primis. Scrivo immaginando come deve essere la scena, come deve essere l’attore, come deve muoversi, come deve agire e come deve essere vestito. Occorre che ci sia una perfetta coerenza tra la parola e l’azione. I dialoghi e i monologhi sono gli strumenti necessari dell’evoluzione scenica, il fulcro dell’azione. Un testo teatrale prende vita sul palco, si tratta in una certa misura di passare dal testo al vissuto. Le parole devono essere giuste, credibili e finalizzate. I dialoghi e i monologhi vanno interpretati in modo naturale.
I costumi, le musiche, i gesti, i toni della voce creano una partecipazione immersiva dello spettatore, non mediata dalla lettura soggettiva e silenziosa della parola. E’ la magia del teatro che attiva contemporaneamente tutti i nostri sensi e le nostre percezioni. Le protagoniste di Ersilia Di Palo sono vissute in contesti storici differenti. In tutti vigeva immutato il pregiudizio sull’inferiorità della donna che la privava di ogni diritto sociale e giuridico. Potevano essere solo spose e madri, ancorate a un unico fine, quello del matrimonio, della procreazione e della famiglia.
Artemisia, Eleonora e Matilde, ognuna nel proprio ambito ha lasciato un’impronta nella storia ma ha anche consegnato un messaggio, qual è secondo te?
Queste tre donne, pur non venendo meno al loro ruolo di moglie e madri, sono uscite dai canoni sociali imposti dalla cultura dominante e, con la forza del loro talento e impegno si sono imposte, sebbene ognuna in modo diverso, Artemisia come pittrice, Eleonora come intellettuale, Serao come giornalista, nel panorama culturale e sociale. Sono diventate grandi punti di riferimento, aprendo la strada a tante altre donne. Grazie al loro coraggio, inconsueto per i tempi in cui sono vissute, tale da provocare forti opposizioni nei loro contemporanei, hanno lasciato un’impronta fondamentale nella storia dell’umanità contribuendo con la loro vita al processo di emancipazione della donna, tanto da essere definite femministe ante litteram. In un ambiente d’intrighi e di complicità sessuali, Artemisia vittima e calcolatrice, pronta a vendicarsi del maschio, con la sua forte personalità e con la sua arte, ha affermato il diritto all’autodeterminazione delle donne, alla possibilità di esprimersi attraverso l’arte solo in virtù delle proprie capacità e talento e non per “gentile concessione” di un uomo, ha mostrato il dovere di denunciare le violenze subite e rivendicare giustizia. Eleonora fu una combattente instancabile, paladina di una società più giusta, simbolo di una dignità che non ha genere, pronta a denunciare ogni violazione dei diritti umani. Matilde Serao, in un mondo dominato unicamente dal sesso maschile, qual era il giornalismo di fine Ottocento e inizio Novecento, determinata a farsi strada, ha primeggiato, non con le armi seducenti della bellezza, ma con il fascino della sua intelligenza, mettendo a segno numerosi primati e aprendo la strada della libertà alle tante donne che, come lei, avevano ambizione e talento. Un invito a vincere con le proprie abilità intellettuali piuttosto che con le armi fittizie della seduzione.
Secondo le tue ricerche qual è stato per ognuna di loro il momento che ha dato una svolta alla loro vita?
Il matrimonio ha dato ad Artemisia la possibilità di sganciarsi dalla figura paterna dominante e oppressiva. Con la separazione dal marito, ha raggiunto quella piena autonomia che l’ha lanciata come donna e come pittrice, rendendola famosa, nel panorama nazionale e internazionale. Anche Eleonora Pimentel de Fonseca, sottratta alla potestà del marito, non più spiata, detestata e perseguitata, ha potuto dedicarsi liberamente ai suoi studi, ai suoi amici intellettuali, riprendendo in mano i fili della propria vita intellettuale e politica, immergendosi in quel percorso di combattente instancabile per il raggiungimento di quegli ideali di libertà e giustizia cui tanto auspicava. Per Matilde Serao, invece, la vicinanza costante del padre, il viaggio a Roma e la sua prima nomina a redattrice capo di un giornale “Capitan Fracassa”. Tutta la sua vita è stata una continua svolta. Scrittrice, giornalista, imprenditrice, amante instancabile del suo lavoro.
Donne fiere di se stesse che hanno conquistato il successo grazie al coraggio, al talento, alla passione per il proprio lavoro, alla fiducia nelle proprie possibilità, alla costanza e al loro spirito battagliero. Gli uomini che le hanno accompagnate, tuttavia, non sono stati tutti antagonisti. Accanto a mariti violenti e reazionari, hanno avuto padri che le hanno motivate e incoraggiate, forse, aggiunge Ersilia Di Palo, perché – ben consapevoli delle difficoltà cui le loro figlie andavano incontro – hanno preferito assecondare il loro talento, accompagnandole nel percorso iniziale della loro formazione. Un approccio intimo e, insieme, disincantato, quello della scrittrice partenopea che celebra la forza delle donne e la loro ostinazione a essere, comunque, protagoniste della Storia, simbolo imperituro di una marcia antica, spesso muta e tuttavia tenace, costante. Mai confondere il silenzio femminile con la debolezza, piuttosto, prepariamoci a una rivoluzione; se vogliamo un mondo migliore, questa volta, tocca a noi realizzarlo.
*Fiorella Franchini, giornalista