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Te piace ‘o presepe?

L’Arte Presepiale si racconta nelle strade di Napoli

Da tormentone della commedia di Eduardo de Filippo “Natale in casa Cupiello”, la frase è ormai diventata la sintesi di una tradizione religiosa e profana che ha conquistato il mondo. La rappresentazione della Natività si è trasformata in un valore universale, quello della famiglia, istituzione che, seppure in forme diverse, esiste da sempre, in ogni società. Furono gli evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la nascita di Gesù in una mangiatoia, praesepium in latino, perché non c’era posto nell’albergo. A mano a mano si aggiunsero altri particolari: il primo si deve agli scritti di san Giustino, intorno al 130 d.C., che per la prima volta parlò di una “grotta”, in ciò concorde con gli apocrifi. Nel Trecento, Sant’Ambrogio aggiunse la presenza di un bue e di un asinello che scaldano con il loro respiro il Salvatore. Per avere una descrizione completa del luogo dove nacque Gesù bisogna attendere San Girolamo, il quale, nel 404, riferisce dettagliatamente di una grotta, in cui era posta la mangiatoia, scavata nella roccia e con una base di legno. Il luogo divenne presto meta di pellegrinaggi e san Girolamo racconta di Paola, una matrona che, giunta a Betlemme, entrata nel sacro rifugio, giurava di vedere il Bambino avvolto nelle fasce mentre vagiva nella greppia, i Magi che lo adoravano come Dio, la stella che risplendeva al di sopra, la Vergine madre, il suo sollecito custode, i pastori che vi accorrevano di notte. A San Francesco dobbiamo il primo presepe vivente, con personaggi reali, pastori, contadini, frati e nobili, tutti coinvolti nella rappresentazione che ebbe luogo a Greggio la notte di Natale del 1223. Il primo esempio di presepe “inanimato” a noi pervenuto, invece, è quello che Arnolfo di Cambio che scolpisce nel legno nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue nella cripta della Cappella Sistina di Santa Maria Maggiore in Roma. Ma è nella città mondo, a Napoli, tra Seicento e Settecento che il presepe diventa una vera forma d’arte e si arricchisce d’innumerevoli elementi decorativi: angeli, pastori e agnelli, i Re Magi a cavallo, gente comune, botteghe, taverne, mercati, serenate e mille altre statuine, dalle pose ed espressioni più varie, forgiate da mani sapienti e abili che ne fanno delle vere e proprie opere d’arte. Pare che il primo presepio della città sia del 1340 regalato dalla regina Sancia D’Aragona, moglie di Roberto D’Angiò, alle monache Clarisse. Era composto semplicemente da grotta, animali e figure sacre e il Museo Nazionale San Martino di Napoli ne conserva la statua della Madonna. Il vero inventore del presepe napoletano, tuttavia, è stato San Gaetano da Thiene che sull’esempio di San Francesco, decise di andare oltre la rappresentazione della sola Natività, dando maggior valore al resto dello scenario, riempiendolo di personaggi e luoghi della quotidianità affinché il popolo, gli esclusi, si sentissero partecipi del grande miracolo. Sull’onda del rinnovamento culturale e artistico della città, negli anni in cui regnò Carlo III di Borbone, anche il presepe acquisì nuovi valori e il re ne volle uno per la sua corte, da esporre alla Reggia di Caserta. Cambiarono i committenti: non più soltanto i religiosi, ma anche i ricchi e i nobili vollero adornare i palazzi con il simbolo del Natale. Gli artigiani o i “figurari” napoletani iniziarono a sbizzarrirsi realizzando statuette di vario tipo. Giuseppe Sanmartino. Il più grande scultore napoletano del Settecento, fu abilissimo a plasmare figure in terracotta e a dare inizio a una vera scuola di artisti del presepio. Una scenografia di moltitudini dove Sacralità, genio artistico e spiritualità laica si fondono e si tramutano in un patrimonio collettivo. Il presepe entra nelle case e diventa una declinazione popolare del Vangelo, assume una caratterizzazione sempre più territoriale, con il risultato di dare alla Galilea forme e caratteri nazionali, regionali, urbani, paesani, marinari o campagnoli. Se il presepe francescano rappresenta la Natività quello napoletano diventa simbolo dell’umanità. Un fenomeno antropologico unico che il saggio “Il Presepe” – Il Mulino edizioni, degli antropologi Elisabetta Moro e Marino Niola indaga e prova a decifrare. “Nel nostro libro, abbiamo cercato di capire non solo come il presepe si sia trasformato in un mito, ma soprattutto come sia stato guardato da lontano da tanti viaggiatori” sottolineano gli autori. La tradizione presepiale napoletana è ormai un tratto distintivo della cultura partenopea e, accanto agli allestimenti monumentali di straordinaria bellezza, il famoso Presepe Cuciniello, nel Museo di San Martino, e il Presepe del Banco di Napoli, più conosciuto come “Il presepe del Re” conservato al Palazzo Reale di Napoli, si radicano nuove rappresentazioni. Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ha inaugurato nelle sale della collezione di Villa dei Papiri il presepe dell’Associazione presepistica napoletana guidata da Enzo Nicolella ospitato tradizionalmente dal museo per le feste. Quest’anno l’opera è divisa in tre sale con tre scene distinte ed è interamente dedicato all’archeologia e agli scavi promossi nel ‘700 da Carlo III che portarono alle scoperte nelle città vesuviane. Nelle sale 90-92, accanto alla Meridiana, è visibile anche l’allestimento multimediale “Il presepe cortese”, curato da Fabrizia Fiore dove tradizione e multimedialità s’incontrano per raccontare il presepe napoletano del Settecento con le moderne tecnologie. L’allestimento multimediale è realizzato dall’architetto Marco Capasso e dal suo studio creativo: anche grazie alle musiche evocative di Antonio Fresa, il pubblico riesce a scoprire, in dettaglio, i personaggi, le storie e i significati simbolici in un viaggio spettacolare, che intreccia i termini del sacro e i riferimenti storici da approfondire. L’esposizione si conclude con una carrellata di pezzi unici: una “Natività” di Giuseppe Sanmartino, appartenente alla collezione Accardi; un arcigno Oste di Nicola Somma; un nobile di Salvatore Di Franco, in abito tipico del Settecento in velluto e seta di San Leucio, con bottoni in filigrana d’argento alla catalana; un nobile orientale, con cane, di Matteo Bottiglieri. Poco lontano, nella sagrestia della basilica di Santa Maria della Sanità è visitabile “Il Presepe Favoloso”. Inaugurato il 24 dicembre 2021, l’opera monumentale è stata donata al Rione Sanità in occasione dei venticinque anni di attività della loro bottega, dai fratelli Scuotto in collaborazione con il restauratore e scenografo presepiale Biagio Roscigno ed è arricchita quest’anno dall’apertura al pubblico della “Cappella del Tesoro” contigua alla sagrestia della Basilica che, restaurata grazie al prezioso contributo di Ferrarelle – Società Benefit, ospita un’esposizione artistica che ripercorre le diverse tappe della tradizione della bottega e le sperimentazioni che la proiettano nel futuro. Un percorso che si completa attraverso il volume “Il Presepe Favoloso del Rione Sanità” Edizioni San Gennaro, a cura di Carlo Avilio, con testo di Pietro Gargano, prefazione di Paolo Giulierini e interventi di Federico Vacalebre, Peppe Barra, Pierluigi Freda. Fotografie di Sergio Siano. In appendice: 52 didascalie esplicative del Presepe minuziosamente descritti in italiano e inglese e circa 100 fotografie a colori.  In uscita anche un altro libro “L’Insolita Storia del Presepe”, realizzato con il contributo della Regione Campania e a cura di Museodivino. Il volume conduce alla scoperta della tradizione del presepe dalle Natività essenziali dei primi cristiani fino allo splendore del barocco napoletano, passando per la rivoluzione rinascimentale e gli artigiani contemporanei che mantengono viva la tradizione.

Ogni capitolo è corredato da un approfondimento su un’opera da poter ritrovare girando per le strade di Napoli: da San Martino a Sant’Anna dei Lombardi, da palazzo Mannajuolo a Spaccanapoli. Il volume contiene la riedizione della novena di Natale del Santo napoletano Alfonso Maria de’ Liguori, autore di “Tu scendi dalle stelle” e le immagini realizzate da Giorgio Cossu di sedici dei trentatré presepi della Collezione Same custodita al Museodivino: dal guscio d’uovo al minuscolo seme di canapa, passando per il geode di quarzo donato a Papa Giovanni Paolo II. Tutte le Natività in miniatura sono state create, a partire dal 1941,  in contenitori naturali piccolissimi, con una tecnica originalissima, dal sacerdote Antonio Maria Esposito. All’interno del Duomo di Napoli si staglia un enorme presepe con statue alte circa 4 metri che rappresentano la Sacra Famiglia, realizzate dalla bottega Cantone & Costabile. Ci sono voluti ben due anni di lavoro e il materiale usato è la terracotta per gli arti e la testa, mentre i corpi sono fatti di tubolari di acciaio imbottiti e gli occhi di cristallo. Con il Presepe Napoli inventa, reinventa, contamina generi e registri narrativi, si fa racconto della propria storia identitaria e specchio della nostra società. In questo grande affresco storico la dinamicità della macchina teatrale ci va viaggiare nel tempo e nello spazio, ora fissando un momento e un luogo che cambiano il destino dell’Occidente, ora proiettandoci in un presente globalizzato con le sue icone moderne, calciatori, politici, cantanti. Admirabile Signum lo definisce Papa Francesco nella sua lettera apostolica del 2019: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”, così dicono i pastori dopo l’annuncio fatto dagli angeli. E noi, con la stessa sincera incredulità, accorriamo a questo pezzo di sughero e muschio che, contenendo il mondo, esalta l’universalità del messaggio di fede e trasforma l’Arte in una preghiera infinita.

*Fiorella Franchini, giornalista