Silloge di dieci poesie dedicate dal poeta peruviano Óscar Limache alla matematica e astronoma tedesca Maria Reiche
Singolare e affascinante è questa silloge di dieci poesie dedicate da Óscar Limache, noto poeta peruviano, alla matematica e astronoma tedesca Maria Reiche che morì a Lima nel 1998 dopo aver studiato per circa 70 anni le linee di Nazca. Ogni componimento ha per titolo una figura costruita dalle stesse, tranne il primo e l’ultimo, che sono prettamente dediche a Maria. Le linee di Nazca sono geoglifi, linee tracciate sul terreno del deserto di Nazca, un altopiano arido che si estende per una ottantina di chilometri tra le città di Nazca e di Palpa, nel Perù meridionale. Le oltre 13.000 linee vanno a formare più di 800 disegni, che includono i profili stilizzati di animali comuni nell’area (la balena, il pappagallo, la lucertola lunga più di 180 metri, il colibrì, il condor e l’enorme ragno lungo circa 45 metri). Il primo riferimento alle figure si deve al conquistador e cronista spagnolo Pedro Cieza de León nel 1547, ma solo nel secolo scorso si iniziò a indagare su origine, datazione, funzione di questi geoglifi. Il primo ad avvistarli fu l’aviatore Toribio Mejía Xesspe nel 1927, durante uno dei primi voli di linea sull’area. A lui sembrarono subito strade, ma gli studiosi negli anni ipotizzarono diverse funzioni. Furono scoperte nel 1928 dalla Reiche insieme all’archeologo statunitense Paul Kosok Nel 1939 l’archeologo americano studiò le linee trapezoidali ma solamente dal 1946, grazie a Maria Reiche, si fecero ricerche approfondite sul loro significato. Secondo l’astrologa che individuò nel 1954 una nuova 5 figura denominata “la scimmia”, dietro linee e disegni ci sarebbe un calendario astronomico. Ma varie sono state le interpretazioni degli studiosi nel tempo, alcuni ritenevano fossero state progettate come vie di pellegrinaggio, altri come traccia da seguire durante il percorso rituale di antiche cerimonie religiose. Infatti, i ricercatori della Yamagata University hanno ipotizzato che, nella prima fase della loro storia (quella che arriva fino al 200 d.C.) le linee servissero da punto di riferimento per i pellegrini in visita al complesso religioso pre-Inca di Cahuachi, un insieme di templi e piramidi oggetto di offerte religiose e sacrifici umani, poi demolito nel 450d.C. Invece dal 200 d.C. in poi, nella cosiddetta epoca Nazca, le linee divennero i luoghi prescelti per compiere strani rituali, che includevano la rottura di vasellame nei punti di intersezione tra un disegno e l’altro. Questa nuova funzione li accompagnò anche dopo il declino del complesso di Cahuachi. Comunque i diversi stili con cui furono costruite e le diverse collocazioni delle linee fanno pensare che esse siano frutto dell’ingegno di due popolazioni differenti. Interpretazioni alternative parlano di un utilizzo come canali per irrigazione, data l’estrema aridità della regione, o come calendari astronomici, dato che alcune delle oltre 800 figure sembrerebbero riferirsi a costellazioni: il ragno gigante, ad esempio, sarebbe la rappresentazione della costellazione di Orione, mentre le tre linee rette che passano sopra il disegno risulterebbero allineate alle tre stelle della cintura di Orione; la scimmia, scoperta appunto da Maria Reiche, dovrebbe invece rappresentare l’Orsa Maggiore. Tuttavia le linee sono rimaste, preservate dal clima 6 secco e poco ventoso della regione, fino a quando l’uomo moderno con i suoi mezzi di trasporto pesante e le sue attività (come la costruzione della Carretera Panamericana Sur) non hanno iniziato a cancellarle, come capitato alla figura dell’alligatore e c’è addirittura chi pensa si tratti di piste d’atterraggio per extraterrestri. Cosa intende fare il poeta? Il nostro ha un intento: consegnare ai posteri il ricordo di questa donna che attraversò l’Oceano, si stabilì dall’altra parte del mondo e dialogò tutta la vita con le linee di Nazca. Egli condivide la tesi dell’astronoma tedesca e l’avvalora con citazioni di Shakespeare, Vallejo e Drummond De Andrade. C’è nella sua poetica uno stretto connubio tra volo e identità, libertà dell’evoluzione e umanità, scoperta e crescita interiore, perché per Oscar le ali non escludono le radici, il progresso non deve offuscare le tradizioni, la storia non può dimenticare le leggende, la scrittura non può ignorare l’oralità. Non a caso il titolo Volo d’identità, come il primo componimento, fa riflettere sul fatto che le linee di Nazca si vedono solo dall’alto, e fu solo un’astronoma mossa da passione a restituire identità a segni geometrici apparentemente privi di anima. Sono le linee di Nazca che dettano a Oscar versi di gratitudine, versi che fan riflettere l’Uomo sulla sua identità contesa tra progresso e folklore, (leggasi l’Elevazione), o tra frenesia e ricerca di pace, luce e ombra (Il Conticinio), essenza e immagine. Trattasi di una poesia colta, ricca di riferimenti mitologici, intrisa di elementi naturali, abitata dai quattro elementi: fuoco, aria, acqua, terra. 7 Lo stile è al contempo dialogico e introspettivo, fotografico e diagnostico, lapidario e augurale. Interessante il gioco di parole nel titolo dell’ultima lirica L’ultima linea per Maria, (linea infatti significa anche riga), nonché il parallelismo ch’io vi scorgo, tra le rughe del viso di donna e quelle tracciate nel deserto che il tempo, complice il clima secco, non ha alterato. Infine il Nostro conclude con un omaggio alla luce degli occhi dell’astronoma, perché la sua sapienza verrà ricordata e ci sarà sempre qualcuno nel deserto, sia pure la Pampa a desiderare d’esser letta e riscoperta, a prescindere dalla mancanza di parole, a prescindere dalla vita e dalla morte.
Conticinio
“Per trovare il luogo dove giace la tua vera immagine” (W. Shakespeare)
Orione si alzava sulle Ande
e lo splendore del cielo ha preso forma
(Siamo nati nell’istante più silente della notte)
Abbiamo disteso le nostre ombre
e occupiamo silenziosi un posto tra le linee
(Dopo l’alba avvistiamo
il tuo antico nome disegnato nel deserto)
Óscar Limache
N.B. Conticinio è un termine spagnolo che non ha equivalente in italiano, ma identifica il momento più silente della notte, tra le tre e le quattro, quando quasi tutti dormono.
*Claudia Piccinno, scrittrice