VerbumPress

Pensieri spettinati

Mi ero attardata in spiaggia, la luna diffondeva la sua luce glaciale su un manto di stelle splendenti che avvolgevano delicatamente i miei pensieri.

Mi ero seduta in prossimità della riva, affondavo le mani nella sabbia asciutta.

I granelli mi solleticavano le dita, come fossero vivi.

Li facevo scorrere sulle mie braccia da sembrare cascate pietrificate.

Avrei voluto in quel momento plasmare la forma del mio sogno, dargli un corpo con la mia pelle. 

La toccavo con le mani quasi tremanti, era iridescente, sottile e delicata, ma incommensurabilmente impalpabile, come la consistenza di un sogno.

Non so se era solo polvere o anima. So che era parte di me.

Il corpo del mio sogno inafferrabile, prendeva ormai forma insieme al sale ed una luce di stelle ne colorava il profilo di speranza.

Sembrava come deposto su un vassoio d’argento appena ossidato dall’aria, aveva un sapore antico di pizzi e luce al neon anodizzato.                                  

Era apparentemente immobile il mio sogno, come se fosse adagiato su cristalli trasparenti che diventavano opachi appena il mio alito li appannava.

Il movimento alacre delle mani mutava la linea dei miei pensieri.     

Le loro ombre crescevano e decrescevano come attaccate a passi sotto i lampioni della notte.

L’aderenza con la sabbia lo accostava alle nuvole, quel sogno che prendeva corpo sapeva librarsi nel più limpido distacco tra cielo e terra, senza vincoli fisici e senza sterili intelletti.

Guardavo me stessa dall’alto danzare col mio sogno, sembravo una vestale e tenevo fra le mani la luce di quell’innocente luna.

Mentre le onde fluivano lente il mio sogno svaniva sul bagnasciuga, all’alba ho trovato solo una conchiglia in dono.

In realtà la conchiglia era una spirale.

E per la prima volta mi viene davvero da credere: ci sono amori che non iniziano né finiscono mai.

NEL SUONO DI UNA CONCHIGLIA

Nel suono di una conchiglia

osculto il mio io,

mentre odo il peso dell’ombra

dei sogni riaffluiti dal mare delirante

levigato dal tempo.

Un invadente pensiero

fra i rovi d’un sogno con ali di marmo

gioca a nascondino con l’anima

nella nudità dei solchi

del buio scarnito e freddo del mio cuore.

Nelle parole sussurrate,

lì dove abita il mistero, si frantuma il confine

delle barriere del nostro tempo.

M’immergo nell’iperbole di un brivido,

per   rinascere dentro un sorriso

come nuova speranza.

dove i domani saranno oggi.

Ora fuggo da queste tracce di inchiostro

tra i riccioli delicati dei miei pensieri,

tra gli ideogrammi sconosciuti dell’anima 

ad uccidere il buio per colorare un noi 

tra le mie dita sottese ad indicare il sempre.

*Regina Resta, editore Verbumpress