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Il mito di Medea, tra Arte e Natura

Numerosi dipinti realizzati da artisti di diversa formazione e provenienza documentano l’importanza della “saga di Medea” nel mondo delle arti figurative

I recenti fatti di cronaca, che hanno riportato alla luce la cosiddetta “sindrome di Medea”, consentono di tornare su un argomento e un soggetto oggi quanto mai attuali, anche se in realtà essi non sono mai stati dimenticati del tutto, in nessuna epoca storica. Il suddetto fenomeno, che consiste nell’uccisione da parte di una madre del/i proprio/i figlio/i e che – come ha recentemente ricordato l’Avvocatessa e saggista Annamaria Bernardini de Pace – ha carattere prettamente letterario, prende il nome dalla figura di Medea, protagonista dell’omonima tragedia di Euripide (431 a.C.), de Le Argonautiche di Apollonio Rodio (III sec. a.C.), nonché di molte altre rivisitazioni effettuate nel corso dei secoli da scrittori, drammaturghi e registi di varia provenienza e formazione.

Medea uccide i propri figli per vendicarsi di Giasone, suo marito e padre dei suoi bambini, che di lì a poco avrebbe sposato Creusa, tradendo così la promessa matrimoniale fatta alla donna. Non senza dubbi ed esitazioni Medea ricorre all’infanticidio, decisa a togliere all’uomo ciò che di più caro lui aveva al mondo per punirlo e nello stesso tempo evitare l’umiliazione. Infatti, in nome dell’amore che la legava all’uomo, Medea aveva precedentemente sacrificato la sua famiglia, macchiandosi anche di azioni delittuose e abbandonando la propria patria per Corinto, dove poi Giasone l’avrebbe sposata.

Numerosi dipinti realizzati da artisti di diversa formazione e provenienza documentano l’importanza della “saga di Medea” nel mondo delle arti figurative, indipendentemente dall’epoca e dallo stile adottato: si tratta di un vero e proprio mito che, perpetratosi nei secoli, è giunto fino a noi, ancora potente ed efficace nei suoi numerosi risvolti culturali, sociali e psicologici. La selezione di tali opere ha evidenziato la presenza costante di alcuni temi e caratteri ricorrenti, come ad esempio quello del furor di Medea, donna del tutto umana dilaniata dal dubbio a tal punto da alternare pensieri contrastanti di odio e amore nei confronti del marito; ancora, il motivo della “barbara”, la maga selvaggia, che con le sue arti è in grado di compiere terribili malefici; infine, il rapporto terreno con una Natura, arcana e misteriosa, con cui lei si integra e armonizza. Proprio questo ultimo aspetto, sicuramente meno indagato e studiato, viene messo in evidenza in alcuni dipinti, come in quello dell’inglese Valentin Cameron Prinsep (1838-1904), La maga Medea (1880), dove la donna è raffigurata in un bosco, mentre raccoglie il fungo e gli ingredienti con cui preparerà il magico filtro usato per dare la morte alla sua rivale. 

Membro della Confraternita dei Pre-Raffaelliti, nata nel 1848, il pittore sviluppa un tema molto caro alla sensibilità artistica di fine Ottocento, condiviso anche con il Simbolismo e il Romanticismo. Si tratta, appunto, del motivo del rapporto simbiotico e osmotico tra Uomo e Natura, della quale l’individuo diventa parte integrante, sviluppando con essa un tacito dialogo. 

Tutt’uno con il paesaggio, in cui si muove sicura e in piena armonia, Medea nell’opera appare simbolicamente collegata ai serpenti che, dietro di lei, si attorcigliano a dei tronchi d’albero e che sembrano anticipare le sue malefiche azioni, riproponendo la tradizionale equazione di biblica memoria donna-peccato.

Oltre che in pittura, è nel cinema che il rapporto Uomo-Natura viene approfondito e trattato in modo costante da registi come Pier Paolo Pasolini (1922-1975) nel suo “documentario antropologico” del 1969, nel quale il personaggio di Medea viene interpretato dalla straordinaria Maria Callas (1923-1977). Qui le varie scene sono ambientate alla reggia di Corinto, ma anche in esterno, nei pressi della rocca, quasi a voler testimoniare visivamente il legame con quella terra, alla quale la stessa Medea si rivolge (P.P. Pasolini, Medea, scena 57), invocandola: «Aaah! Parlami, terra, fammi sentire la tua voce! Non ricordo più la tua voce! Parlami sole! Dov’è il punto dove posso ascoltare la vostra voce? Parlami, terra, parlami, sole». Senza dimenticare la successiva, meno nota ma non meno significativa, versione cinematografica (1988) del danese Lars Von Trier (1956), che nella sua rielaborazione insiste sull’elemento acquatico, precisandolo come una sorta di liquido amniotico nel quale la figura di Medea si muove e si integra. E’, questo, un paesaggio melmoso e paludoso, in cui la donna – sempre sola sulla scena – si immerge, si confonde e si inabissa, forse a volere restaurare l’equilibrio perduto dopo l’abbandono della propria patria e il matrimonio con Giasone. La barbara Medea trova proprio nelle forze del paesaggio la sua dimensione più congeniale, assecondandone ogni singolo movimento, dal fruscio del vento al rumore dell’acqua in riva al mare. La fotografia, in mano a Sejr Brockmann, mira – attraverso fotogrammi di ampio respiro – a ristabilire la connessione tra Medea e la Natura, cui ella appartiene, creando immagini di potente efficacia visiva. 

Ma Medea è lei stessa Natura, è «like a stone on the shore» («come una pietra sulla riva del mare»). Queste le parole contenute nel I atto dell’adattamento del testo di Euripide ad opera di Robinson Jeffers, una rilettura in chiave contemporanea del mito messa in scena a Broadway nel 1940 (R. Jeffers, Medea), che dimostra il costante interesse per una tematica ancora oggi molto attuale. 

Del resto, come scrisse Eugène Delacroix nei suoi testi sull’arte, «il vero uomo è il selvaggio: vive in accordo con la natura così come si presenta» (E. Delacroix, Scritti sull’arte). E così Medea, redenta e “purificata” dopo l’assassinio, sembra ritrovare la sua anima più pura e arcaica proprio nella fusione quella Natura a cui era sempre appartenuta, lei donna fiera e selvaggia della Colchide, che forse non avrebbe mai dovuto abbandonare la sua terra.

Tratto da V. Motta, “Medea illustrata. Dalla tragedia di Euripide alla sindrome di Medea tra Arte, Mito e Letteratura” (&MyBook, 2021).

*Valentina Motta, scrittrice