La Sardegna Megalitica, una storia tutta da scoprire
Le tipologie megalitiche, dolmen, menhir, circoli di pietre, stanze scavate nella roccia, corridoi, altari e tumuli, sono presenti in tutto il mondo. Il sito più antico conosciuto è Gobekli Tepe in Turchia, risalente a 11.500 anni fa, ma ci sono strutture più vecchie di un migliaio di anni ancora da disseppellire. In Italia il megalitismo si estende dalla Calabria alla Liguria, sino all’arco alpino, in Puglia, in Sicilia e naturalmente nella cultura prenuragica e nuragica.
Isola millenaria e teatro d’innumerevoli incroci di civiltà, la Sardegna è uno dei centri più affascinanti dell’età preistorica e protostorica. Le prime testimonianze risalgono al Neolitico con tombe a circolo e cerchi megalitici presenti soprattutto nel nord-est dell’isola, come la necropoli di Li Muri ad Arzachena. I dolmen, monumenti funerari diffusi a partire dal IV millennio a.C., sono costituiti da tre o più blocchi di pietra che formano le pareti di una camera e la chiudono superiormente e se ne contano almeno 240, mentre ci sono almeno 740 menhir, pietre infisse nel terreno. Molte di esse riproducono tratti umani e sono interpretate come elementi totemici o di culto o come marcatori territoriali. Tuttavia, i monumenti che più caratterizzano il paesaggio sardo sono i nuraghi. Se ne contano circa 7.000, edificati tra il 1800/1660 a. C e il 1000 a.C., tra l’Età del Bronzo medio e quella del Ferro. La tradizione popolare li considera dimore degli Orchi ma, con ogni probabilità, erano abitazioni fortificate o luoghi strategici per il controllo del territorio, intorno ai quali spesso sorgevano estesi villaggi. Le stesse leggende tramandano come sepolture degli orchi le famose Tombe dei Giganti, eccezionali sepolture collettive distribuite su tutta l’isola. Fino ad oggi ne sono state contate almeno 800 e paiono legate oltre che al culto dei morti e degli antenati, a pratiche magico-religiose che consistevano nel dormire presso l’area sacra per avere in sogno predizioni, cure o benedizioni. Legati ai riti dell’acqua sono i pozzi e le fonti sacre, templi molto diffusi che avevano una camera circolare chiusa a tholos e una parte sotterranea con una scala che conduceva alla sorgente. Riutilizzate in epoche successive almeno fino al Medioevo queste architetture sono divenute eredità di una cultura millenaria e simbolo identitario del popolo sardo fino ai nostri giorni. Un patrimonio ancora tutto da scoprire e da studiare che può riscrivere parte della storia del Mare Nostrum.
La mostra “Sardegna Isola Megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo”, inaugurata al MANN e visitabile fino all’11 settembre offre un assaggio delle suggestioni presenti nella cultura nuragica. Ultima tappa di un tour tra i prestigiosi istituti museali di Berlino, San Pietroburgo e Salonicco, l’allestimento è un viaggio fascinoso alle origini della nostra civiltà. Nella Sala della Meridiana, oltre 200 reperti collane, bracciali, vasi, oggetti legati alla vita quotidiana, all’ambito funerario e ai luoghi di culto, bronzetti che riproducono figure umane, maschili e femminili nei diversi ruoli della società, animali e riproduzioni di “dee madri” sono stati selezionati dalle collezioni dei musei di Cagliari, Nuoro e Sassari, accompagnati da un supporto didattico e multimediale. Un’esposizione dall’immenso valore scientifico e di grande rilievo culturale perché espande le collaborazioni internazionali, rinsalda i legami tra le istituzioni europee, ribadisce il ruolo aggregante e dinamico della cultura e della scienza.
Eccezionale la presenza di uno dei monumentali guerrieri di Mont’e Prama: una statua di 300 kg alta 190 cm, che mai prima d’ora aveva lasciato la Sardegna e che fa parte di un complesso scultoreo ritrovato in una vasta necropoli scoperta nella parte centrale della penisola del Sinis. Le statue, ritrovate a partire dagli anni Settanta, appartengono all’ultimo periodo nuragico e un tempo stavano in piedi, allineate lungo la strada alle pendici della collina, simbolo di appartenenza e predominanza territoriale, rivolto sia alle comunità locali, sia a quelle straniere di origine orientale che in quegli anni arrivavano dal mare. Un segno di potere e di forza in un momento storico di trapasso caratterizzato da profonde tensioni e trasformazioni.
Siamo arcieri, guerrieri, pugilatori
ma tutti ci chiamano giganti.
Siamo le antiche statue di Mont’e Prama
Siamo le immagini di giovani abili e coraggiosi
Alcune ostentano le armi della guerra: la corazza finemente lavorata, lo scudo e la spada, oppure l’arco e la faretra piena di frecce. Altre mostrano, su un corpo vestito solo di un corto gonnellino a punta, le armi del pugilato rituale: il guantone provvisto di una punta e lo scudo leggero e flessibile. Accanto, le pietre sacre e i modelli delle alte torri di pietra che esprimono l’identità culturale del popolo nuragico, un legame di sangue e di cultura che si è tramandato fino ad oggi.
L’esposizione partenopea dialoga con le sezioni permanenti del MANN della Preistoria e della Protostoria, e mette in risalto oggetti nuragici rinvenuti in corredi funerari di alcune tombe a Cuma e con alcuni reperti, bottoni, pendagli, una cesta miniaturistica dell’Età del Ferro provenienti dal Museo archeologico di Pontecagnano, non un caso, ma un’ulteriore testimonianza, insieme con alcuni oggetti ritrovati in tombe etrusche, degli stretti rapporti dei popoli sardi con le popolazioni italiche. Negli ambienti limitrofi alla mostra, inoltre, è stato allestito il percorso di “Nuragica”, un format multisensoriale che conduce il visitatore, attraverso la riproduzione in scala1:1 di alcuni monumenti, nella tomba dei giganti, in un nuraghe, presso una fonte sacra, in una capanna delle riunioni, fino al cospetto dei guerrieri di Cabras, e lo immerge, infine, in una sorprendente realtà virtuale dove, indossando appositi occhiali, può camminare in un antico insediamento megalitico.
“Le solitudini coperte di asfodeli della montagna, e Aritzo e Tonara e Nuoro, verso la misteriosa Sardegna di Orgosolo, di Oliena di Orune, dei paesi di pastori, che mi parevano ancora avvolti in un’ombra lontanissima”, scriveva Carlo Levi. Tantissimi gli eventi collaterali previsti fino alla chiusura, convegni, approfondimenti, laboratori didattici per i più piccoli e la pubblicazione di un eccezionale catalogo, che intendono valorizzare la ricchezza di un immenso patrimonio archeologico e il fascino di una terra enigmatica.
Tra scienza e mistero la Sardegna è una vera e propria capitale del megalitismo. Le teorie si susseguono a seguito dei nuovi ritrovamenti e le ultime analisi scientifiche sembrano avvalorare la convinzione che il fenomeno sia una manifestazione che ricorre autonomamente in diverse comunità del nostro pianeta, in vari periodi, con una funzione spirituale ma soprattutto come un fenomeno sociale, legato alla necessità di dare visibilità ai monumenti funerari e non, con lo scopo di esaltare il gruppo, il clan, il lignaggio, di marcare il territorio, indiscutibili punti di riferimento e di coesione sociale per le popolazioni. Una realtà articolata negli aspetti e nei significati che genera nuove domande e riflessioni sul ruolo degli antichi popoli del Mediterraneo, e testimonia il lungo cammino dell’Umanità nel fluire del Tempo.
*Fiorella Franchini, giornalista