Il Quarto Stato a Firenze, un messaggio di speranza
A Firenze, In occasione della festa dei lavoratori e sino al 30 giugno, sarà possibile ammirare il Quarto Stato, celebre capolavoro di Pellizza da Volpedo. Questo evento straordinario è stato reso possibile dalla collaborazione tra il comune di Milano e il capoluogo toscano, che ha aperto le porte del Salone dei Cinquecento per ospitare l’iconica rappresentazione dei lavoratori in marcia verso la speranza di un futuro migliore.
Dopo anni di difficoltà legate al Covid-19, che hanno accompagnato la trasformazione del modo tradizionale di intendere il lavoro, il capolavoro di Pellizza ci ricorda la centralità dei lavoratori e delle loro rivendicazioni, da reinterpretare in un più ampio e complesso contesto sociale. Da qualche anno a questa parte stiamo assistendo ad un cambiamento epocale che richiede di ripensare il ruolo tradizionale del lavoratore e dei suoi diritti: alcune figure professionali si stanno trasformando, ma anche le modalità di erogazione di beni e servizi e la centralità della domanda e dell’offerta sono sottoposte ad un processo di cambiamento repentino che determina incertezza e richiede la capacità di adeguarsi in tempi rapidi.
L’imponenza monumentale dell’opera, circa 5 metri e mezzo per 3, pone lo spettatore davanti alla marcia dei lavoratori che hanno interpretato la lotta di classe tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento. I visitatori, accorsi a Palazzo Vecchio, hanno l’impressione di trovarsi davanti ad uno specchio, costretti ad interrogarsi sulla strada da percorrere. Cosa fare? Unirsi alla lotta o rassegnarsi? Quale altra via, oltre a quella della protesta e della marcia pacifica, è oggi percorribile per ridefinire e attenzionare “la questione sociale”? Qual è il ruolo dell’intellettuale e dell’artista o? Pellizza era fermamente convinto che spettasse ai sapienti il compito di guidare le masse e all’artista quello di alleviarne i dolori attraverso la rappresentazione della bellezza. Il moderno “Quinto Stato” può vantare a suo sostegno il contributo di chi opera nei settori della cultura e se sì, in quale direzione stanno marciando?
L’importanza della presenza di questo capolavoro a Firenze è l’occasione per interrogarsi e cercare risposte adatte a fronteggiare la nuova “questione sociale” che si è imposta nel 2022.
Pellizza, dopo 10 anni di sperimentazioni, è approdato alla versione definitiva del “Quarto Stato”. In precedenza si sono avvicendati bozzetti e varie rappresentazioni pittoriche: l’ambasciatore della fame, la fiumana, il cammino dei lavoratori, ma il Quarto Stato trova la sua completezza come risultato dell’approfondimento degli studi rinascimentali che conferiscono ai personaggi la monumentalità realistica e al tempo stesso simbolica che hanno accompagnato il processo di ricerca dell’autore. Braccianti, contadini e donne scalze con prole acquisiscono la monumentalità dei capolavori cinquecenteschi dei grandi del Rinascimento: la gestualità e il moto di chiara ispirazione Leonardiana, i cappelli volumetrici di Piero della Francesca, il panneggio monumentale delle vesti, l’organizzazione a fregio utilizzati da Raffaello, la compostezza scultorea del personaggio centrale, evocativa dell’imponenza del David di Michelangelo. Questa complessa operazione stilistica è stata attenzionata dai critici, che hanno saputo cogliere la ferma volontà di Pellizza di conferire ai lavoratori la medesima dignità dei filosofi e degli apostoli. Ancora oggi colpiscono la compostezza della folla, i passi scanditi dalle ombre che sottolineano la marcia, la luce che illumina le mani, i volti e che proietta verso un radioso futuro i protagonisti dell’opera. Alle loro spalle il buio segna il passaggio epocale dall’oscurantismo verso luminose conquiste: la storia si compie davanti ai nostri occhi, secondo un’ottica di progresso e speranza.
Si attende oggi un nuovo protagonismo delle masse, uno sforzo culturale e politico di rinnovamento che prefiguri inediti scenari occupazionali e più adeguati interventi legislativi che tengano conto dell’emergere di nuove esigenze su cui rimodulare i diritti dei lavoratori.
*Tiziana Santoro, giornalista