Bestie di Satana. Una storia di omicidi e demoni. Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani (Armando editore, 2021)
Bestie di Satana. Una storia di omicidi e demoni. Il nuovo lavoro di Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani, autori che ho avuto modo di intervistare in parecchie occasioni, ci porta “dentro” un caso che ha sconvolto il nostro Paese. Perché avete deciso di fare un libro su una vicenda che ne conta già altri? Perché non era stato detto tutto. La narrazione intorno alle Bestie di Satana è stata impregnata di isteria e caccia alle streghe e di questo hanno risentito l’attività della Procura e quella dei media. In pochi si sono chiesti se quel gruppo di giovani assassini fosse davvero una setta e quanto pesasse il satanismo nei loro omicidi. Ecco, abbiamo fatto questo e ci siamo accorti che quel peso è relativo. Molto relativo. Le vendette interne, lo squilibrio di un tossico, la voglia di nuove e più forti emozioni, la cattiveria, l’andare oltre sono stati i veri moventi tanto che è stato provato che loro di satanismo non ne sapevano nulla e non ne conoscevano o applicavano alcuna ritualità. Per mancanza di cultura a riguardo ci sono cascati tutti, ripeto, media e magistrati. Il che ovviamente non riduce le responsabilità dei condannati.
Che novità porta la vostra indagine su questo caso? A parte il ridimensionamento complessivo del peso del satanismo, abbiamo esaminato tutti gli altri delitti e sparizioni attribuiti al gruppo e ci siamo accorti che nessuno di loro regge a una seria disamina dei fatti. All’epoca si attribuirono tutti i casi irrisolti , sia suicidi che sparizioni, di ragazzi della zona, a loro, sulla base spesso di collegamenti flebili, appena accennati o forzati. Ma a guardar bene non esiste alcuna prova che abbiano commesso più omicidi di quanti se ne siano attribuiti da soli.
Che ragazzi facevano parte delle Bestie di Satana? Chi erano? Erano ragazzi di provincia, venivano da famiglie semplici, di lavoratori. E anche loro lavoravano. Però magari avevano famiglie divise, con morti precoci, alcolismo, e loro avevano qualcuno un disturbo mentale, altri usavano droghe. Solo in una famiglia c’erano problemi mentali e precedenti penali. Diciamo che quasi tutti i membri avevano problemi vari nella loro vita e hanno cercato nell’identità di gruppo una risposta, che purtroppo è stata quella violenta. Si dividevano in capi e gregari, come tutti i gruppi. Volevano essere e si sentivano anti-religione, anti-società, anti-tutto e hanno finito per spingersi troppo lontano, convincendosi alla fine che avevano davvero la protezione dei demoni. Dentro questa invincibilità ci sono restati il tempo necessario per uccidere.
Hai parlato di isteria. Come si spiega l’ossessione mediatica che ha investito questa storia? Si spiega con Charles Manson. Quando era già in carcere cominciò a farneticare che il satanismo aveva motivato i suoi crimini. Non era vero ma fu quello il momento in cui si pensò che i satanisti non erano tanto degli strambi individui ma delle persone molto ma molto pericolose. Seguirono vent’anni di caccia al satanista in America, con problemi celebri che si conclusero in altrettanto celebri nulla di fatto. Non c’era verso di dimostrare che uccidessero adulti e violentassero bambini. Finita l’onda persecutoria oltreoceano, essa arrivò qui, nella cattolica Italia, con altri processi che si conclusero in altri nulla di fatto: quello ai Bambini di Satana, quello di Rignano Flaminio, quelli di Mirandola e Massa Finalese. Le Bestie di Satana hanno rappresentato il punto di maggior sfogo di questo periodo in Italia e dopo di questo, l’argomento s’è sgonfiato, ha perso di interesse. Oggi non se ne parla più, come se questi satanisti pericolosissimi fossero svaniti tutti nel nulla, contemporaneamente. Semplicemente, non difendiamo nessuno, ma non ci piacciono le confusioni storiche e le prese di posizione fatte senza sapere nulla della materia.
Che fine hanno fatto i protagonisti di quella storia? Sono quasi tutti fuori. Hanno scontato la pena e si sono reinseriti nella società ma soprattutto hanno una gran voglia di non parlare più di quello che è successo. Hanno conservato in parecchi le passioni musicali di allora, la loro parte più sana e creativa. Poi va detto che gli arrestati furono tanti ma solo pochi avevano partecipato ai delitti materialmente. Il che apre un altro pezzo di indagine: davvero gli altri sapevano cosa stesse succedendo nel gruppo? Tutti sapevano dei delitti in programma oppure no?
*Roberto Sciarrone, direttore responsabile di Verbum Press