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Come ricostruire il proprio albero genealogico, piantare radici per guardare al futuro

“Il radicamento è forse l’esigenza più importante e più misconosciuta dell’anima umana. È tra le più difficili a definirsi. Mediante la sua partecipazione reale, attiva e naturale all’esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti del futuro, l’essere umano ha una radice” ha scritto Simone Weil nel suo saggio L’enracinement, ed è alla prima radice che Fabio Paolucci, ricercatore storico e archivista, dedica il suo Vademecum di genealogia – Arturo Bascetta Editore. E’ la scienza che studia i rapporti di parentela, affinità e attinenza che intercorrono tra i membri di una o più famiglie; mentre fino ad oggi, insieme all’araldica, si è occupata principalmente della storia delle discendenze appartenenti all’alta società e alla nobiltà, oggi si tende a ricostruire anche il passato delle classi più umili. Un orientamento che va incontro a un bisogno psicologico e a un’esigenza culturale. Fin dal grembo materno tutti siamo radicati in qualcosa, ai parenti, agli affetti, al lavoro, alla società e all’ambiente naturale in cui viviamo, una radice che, afferma Antonietta Pistone, “ è insieme umana e affettiva, esistenziale e storica. Perché storico è il tempo degli uomini…Il tempo, la storia, garantiscono il radicamento dell’uomo nel passato, e permettono la formazione dell’identità individuale e collettiva di un popolo.”. Ognuno di noi trova nella propria storia familiare senso e significato. Costruiamo la nostra vita sul modello relazionale che abbiamo interiorizzato in seno alla nostra famiglia perché è lì che impariamo a confrontarci sin dal primo momento. Essa contiene in sé due dimensioni: il visibile reso manifesto dalle cose, dalle situazioni e dalle cure, l’invisibile rappresentato dalle memorie, dai ricordi, dalle aspettative e dalle realizzazioni. Di generazione in generazione, si tramanda un’eredità materiale fatta di beni, proprietà, risorse economiche, e spirituale composta d’ideali, valori, ricordi, ma anche traumi e segreti. La ricerca genealogica, ricostruendo i vari passaggi tra le progenie e le connessioni che si creano, permette di riconoscere il terreno, il luogo metafisico in cui radichiamo noi stessi. Fabio Paolucci offre con la sua guida, la possibilità di svolgere questa ricerca in autonomia, utilizzando le conoscenze giuste per adoperare al meglio gli “strumenti del mestiere”, i testi da consultare, per interrogarli e farli parlare del nostro passato. Egli parte da esempi pratici, iniziando da alcuni nomi come Alfonso Di Popoli nato nel 1872 e sua moglie Custoda Mattia, Giosuè Ruccia, Giovanni Zeolla e ne ripercorre a ritroso l’appartenenza cominciando dalle foto e dai certificati ritrovati nei cassetti e nei bauli di casa. L’autore mostra i materiali e come procedere in maniera corretta, muovendosi con facilità tra i diversi tipi di fonti documentarie. Un vero e proprio puzzle da comporre con pazienza e che può riservare mille sorprese. Ogni nuovo membro che aggiungiamo evolve in una realtà più ampia e articolata con la quale dobbiamo fare i conti. Un percorso che, a un elenco di nominativi, associa, inevitabilmente, un intreccio di aspetti individuali e sociali, di relazioni, di cognizioni ed emozioni che accompagnano l’esperienza di ogni persona. Ricostruendo le singole personalità, prende forma un’individualità familiare sempre più ricca di sfaccettature.  Tutti siamo frutto dell’unione dei geni appartenenti ai nostri genitori biologici con i quali condividiamo anche tutta una serie di altri aspetti, derivanti, ad esempio, dalle culture di appartenenza, mondi che possono essere anche molto diversi tra loro, ma che, comunque, in qualche modo ci appartengono. In tal modo le fonti orali, la tradizione, i documenti scritti, tutto entra a fare parte della cultura di un popolo e ci riporta al radicamento di cui parla Simone Weil. Le radici di ognuno di noi sono nella sua storia personale, in quella familiare, in quella locale e territoriale e, al tempo stesso, nella memoria collettiva di chi vive intorno.  Il recupero dei valori della tradizione favorisce quel processo di auto-riconoscimento all’interno di un gruppo sociale di cui ognuno sente di far parte. Il senso di appartenenza, sviluppando il radicamento, costituisce, secondo molti studi sociologici, un potente antidoto contro le esperienze negative che si affrontano nel presente, fornisce una maggiore comprensione di chi siamo, motivando ad approfondire le nostre origini per le generazioni a venire. “Conoscere le proprie radici equivale a certificare la nostra identità. La vera stazione di partenza è anteriore alla nascita anagrafica. Ogni generazione trasmette alla successiva dei nodi da sciogliere. È tutta una catena, come sapevano i greci. ” afferma lo scrittore Eraldo Affinati, ricordandoci il culto mitico e tradizionale degli avi. Le notizie che possiamo ricavare da una ricerca genealogica, comprendono anche elementi complementari come, ad esempio, comportamenti sociali smarriti, mestieri perduti, parole dimenticate, che hanno anche una validità culturale pregnante, perché conducono alla riscoperta di una storia minima che è fondamentale per ricostruire la complessità del passato. Sono testimonianze di una memoria soggettiva che supportano e completano la conoscenza storica quale interpretazione critica dei fatti e delle loro conseguenze. Interessanti sono i capitoli che Paolucci dedica al calcolo del tempo o alla ricchezza d’informazioni conservate nei registri parrocchiali, o ricavate dai censimenti; utilissime le note concernenti i vari archivi e i siti specializzati.  Ed è sempre un partire per ritornare e per andare oltre: “Se vogliamo guardare avanti fiduciosi nel futuro, dobbiamo avere saldi punti di riferimento nella storia, nella memoria collettiva di chi ci ha preceduto.” Una vera e propria caccia al nostro tesoro privato e comune, con un profondo significato morale:

Se si disponesse della genealogia autentica ed esatta di ciascuna famiglia, è più che verosimile che nessun uomo sarebbe stimato o disprezzato in virtù della sua nascita. Infatti, non v’è mendicante per le vie che non risulterebbe discendente diretto di qualche uomo illustre, né un solo nobile elevato alle più alte dignità dello Stato, degli ordini e dei capitoli, che non scoprirebbe tra i suoi antenati una quantità di gente oscura.

DIDEROT, D’ALEMBERT: Encyclopédie, voce “Genealogia” di De Jancourt

*Fiorella Franchini, giornalista, scrittrice