La biblioteca “luogo” del dialogo
Armando Petrucci già nel lontanissimo 1974 portò avanti un’analisi interessante su Pubblica lettura e biblioteche in Italia dall’Unità a oggi che risulta ancora di un’incredibile attualità: “In Italia non esiste (o presto non esisterà) più un pubblico da biblioteca”. – E più avanti nel discorso “L’attuale approccio al libro mette in evidenza alcuni elementi che confermano la vanificazione sul piano sociologico e culturale di una ipotetica categoria di lettori: il pubblico massa non è più in possesso di adeguati strumenti (o codici) per recepire, coerentemente alle intenzioni degli autori, le opere con cui entra in contatto. Esso è altresì incapace di istituire un rapporto critico con i testi e conseguentemente si limita ad un semplice consumo del prodotto editoriale, per cui tra il lettore-consumatore e il libro merce si stabilisce il medesimo rapporto che è presente in ogni aspetto della nostra società”.
Il problema non è stato ancora risolto. Se si prescinde dagli utenti studenti e docenti, le biblioteche non riescono ad essere poli di attrazione culturale per il pubblico massa. Le biblioteche rischiano un assordante silenzio, ripiegate su sé stesse. E se negli anni settanta come nota il Prof. Guerrini: “è stato posto l’accento sulla funzione sociale della biblioteca, sull’onda della più generale richiesta di collegamento intellettuali-società: il dibattito verteva essenzialmente intorno alla politica bibliotecaria” col passare degli anni è andato scemando questo anelito, mai sopito però, tra gli addetti alle biblioteche, di una politica culturale delle stesse.
Negli ultimi tempi si pone l’accento sulle tecniche bibliotecarie, quasi il mondo della tecnologia volesse scrivere la storia di questi ultimi anni, come se gli intellettuali si vergognassero della necessità di riformare, rilanciare, e ricostruire il senso culturale della ricerca, della critica, del piacere della cultura infine. L’incontro con il libro deve divenire incontro di dialogo, occasione di interferenza culturale con il lettore, ipotesi di cambiamento, di rinnovamento, di rilancio culturale. La biblioteca è il luogo per elezione dell’incontro culturale. Dal libro nello scaffale al libro studiato, analizzato, appreso, svestito, recepito. Al libro vivo, per intenderci. Un percorso in cui la carta stampata rappresenta soltanto uno scalino verso il contatto di due interlocutori, l’autore ed il lettore, che si pongono l’uno davanti all’altro senza alcuna barriera. All’estero la biblioteca è luogo d’incontro e studio non sol- tanto per gli studenti e per docenti. In una arguta nota nel libro del Prof. Mauro Guerrini è scritto: “Per capire quanto la biblioteca sia radicata nella società anglosassone si noti quante volte i personaggi di Walt Disney ricorrono alla biblioteca pubblica: Paperon de’ Paperoni per cercare la localizzazione di un’isola sperduta dove è sepolto un tesoro, Topolino per consultare vecchi quotidiani per ricercare notizie su qualche delitto da svelare. La biblioteca è rappresentata come un grosso edificio con colonne e frontone tipo tempio greco, nel centro della città, fornitissima di materiale e di personale, sempre piena di lettori.”
La biblioteca può divenire il luogo dove le culture si confrontano, si diluiscono, si mescolano. Ma soprattutto la biblioteca è il grande chiostro dove la cultura s`incontra con il passato, il presente ed il futuro con una sorprendente contemporaneità. La Biblioteca è “un simbolo” come Luogo della contemporaneità è il concetto cardine per un programma culturale che possa essere consapevole dell’interattività del passato, del presente e del fu- turo in un’ottica di conservazione e ridefinizione, di analisi e sintesi, di vecchio e nuovo. La Biblioteca “per eccellenza” si delinea come il grande Mediatore tra epoche che presentano incredibili e sorprendenti ipotesi di dialogo.
Nell’immaginaria tavola rotonda che si crea in una sala della Biblioteca il silenzio è necessario soltanto come moderatore di nuovi rapporti, che possono disegnare di nuovo la storia della cultura. L’Arte, nella quotidianità del pubblico-massa, finisce per essere relegata nello stanzino dei sogni, o per essere considerata il cucchiaino di zucchero per riprendere un po’ di forze. Mai come una parte integrante nel percorso della vita. Mai una forza. Eppure sappiamo di popoli, di nazioni mosse dalla forza dei poeti, sollevate dalla schiavitù. Sappiamo di pittori che hanno inchiodato nelle loro tele i misfatti della storia. Sappiamo di penne usate come armi appuntite. Ma tant’è, l’arte resta per la maggior parte uno scomodo “di più” del1’esistere, o un comodo sgabello. In una società dove la patologia, la distorsione, la perversione sembrano essere l’unica risposta alla solitudine devastante e devastata dell’Ulisse di oggi, il contatto con l’arte, l’incontro vero con la cultura può rinnovare il miracolo della guarigione dell’anima. Il potere di guarire è in noi. Nel contatto delle nostre solitudini, nello sforzo quotidiano, nelle piccole grandi battaglie della mente e del cuore. Il dialogo con l’arte, il dialogo tra l’artista ed il fruitore dell’arte è un dialogo tra uomini, nella quotidianità.
Arroccati e distanti, egoisti ed impenetrabili, possiamo leggere mille libri ma perdere la partita della saggezza. Il libro de- ve rivivere con noi, deve essere motivo ed occasione di confronto, di crescita insieme, per il lettore e perché no anche per l’autore. In quest’ottica il libro diventa il grande mediatore, il regista del futuro, e lo specchio della capacità di comunicazione tra le solitarie esistenze della generazione dei mass-media. Il dibattito che ogni libro saprà accendere tra le generazioni, forse sarà soltanto questo il mezzo per superare la futura anoressia culturale che inevitabilmente attanaglierà le biblioteche, se il posseduto delle biblioteche non diventerà anche posseduto del pubblico-massa. Se non riusciremo ad accendere l’interesse del pubblico, se la biblioteca non diventerà pane quotidiano delle nuove gene- razioni, palestra per il confronto delle varie età della vita, delle culture, e delle avanguardie, rischiamo di trovarci soli e confusi in queste meravigliose cattedrali di sapere, costruite con il lavoro paziente e preciso di moltissimi uomini di buona volontà, che hanno cercato nelle regole, nelle catalogazioni sempre più precise, la difesa ad oltranza della cultura. Oggi, però, è necessario, che il silenzio delle biblioteche ceda il posto alle voci del confronto, e del dialogo. Prima che avanzi il nulla. Prima che l’ultimo lettore ci volga le spalle, lasciandoci soli con la nostra buona volontà di addetti ai lavori. La Biblioteca come polo di cultura è un organismo capace di dire: DOPO IL SILENZIO DELLO STUDIO E DELL’APPLICAZIONE SUL LIBRO, ADESSO E GIUNTO IL MOMENTO DI PARLARE DEL LIBRO, CON IL LIBRO, PER IL LIBRO.
*Anna Manna, poetessa