Dove va la privacy? Segnali dal futuro: Google Safety Engineering Center
Secondo de Kerckhove la privacy è un dono per il quale abbiamo lottato per 200 anni ed oggi con l’elettricità sparisce nel mondo della trasparenza: siamo nudi per la strada. Una strada già tracciata che è costruita sulla trasformazione degli atomi che diventano bit? Forse sì, forse no.
La scoperta dell’attenzione che un gigante quale è Google pone sulla gestione dei dati degli utenti e sulla fiducia quale pietra miliare per costruire il rapporto con l’utente, in questo contesto storico e inedito, propone nuovi spunti di riflessione sui segnali deboli del futuro. Infatti, il valore dei dati personali nel mondo online aumenta anno dopo anno poiché i prodotti, i servizi e i processi elettronici hanno invaso ogni parte della nostra vita quotidiana, tanto che il quadro giuridico dell’UE (GDPR) sulla protezione dei dati personali è stato preso come esempio da tutto il mondo, quale tentativo di un governo più equilibrato dei dati personali.
I nuovi modelli di business sono quelli che necessitano di dati personali, e il ciclo di webinar promossi da GSEC (Google Safety Engineering Center: “Privacy and economic recovery in EMEA”; “The future of the privacy first advertising” (che si sono già svolti), hanno offerto una visione del cambiamento di prospettiva in atto rispetto ad una nuova presa di coscienza delle grandi aziende rispetto alla privacy dei loro clienti/utenti. Il prossimo e ultimo appuntamento in programma tratterà di: Responsible Innovation .
Per ora riflettiamo sugli argomenti trattati nel primo seminario “Privacy e ripresa Economica in EMEA” (Europa – Medio Oriente – Africa).
Matt Brittin, Presidente di Google EMEA, nel momento in cui la pandemia ha spinto il mondo nel digitale definitivamente, ha evidenziato che gli strumenti digitali sono stati una salvezza durante il blocco totale della primavera scorsa, hanno permesso a molte aziende di rimanere in contatto con i clienti in un contesto in cui il tempo trascorso online è aumentato del 60% a livello globale, e l’interesse per gli acquisti online è cresciuto del 200% in tutto il mondo, proprio durante il picco della crisi. La novità riguarda il fatto che nello stesso tempo c’è stata anche una crescente domanda di privacy da parte degli utenti infatti, secondo i dati forniti, le ricerche sulla “privacy online” sono cresciute a livello globale di oltre il 50% rispetto all’anno precedente.
In buona sostanza è emerso che i marchi che riescono a guadagnare la fiducia degli utenti sicuramente hanno più possibilità di sopravvivere. La privacy, in questo nuovo scenario, diventa un buon affare tanto che, MattBrittin ha affermato che più del 40% delle organizzazioni ha un ritorno del doppio rispetto a quanto spende per la privacy. Quindi concentrarsi sulla privacy non è solo eticamente importante, ma permette di aumentare il business tanto che a Monaco nel 2019 è nato GSEC (Google Safety Engineering Center) anche per migliorare la gestione della privacy con un nuovo punto di vista: prima il cliente. Lo dirige Stephan Micklitz: “La Germania è il luogo in cui è iniziato il dibattito sulla protezione dei dati personali in molti modi –racconta –. Nel 2009 Google ha trasferito a Monaco di Baviera una parte significativa del suo lavoro sulla sicurezza online e sulla privacy dei dati”.
Fermare dopo averle rilevate minacce come spam, malware e virus in modo che non arrivino agli utenti, condividere le tecnologie di sicurezza con i partner ed anche con i concorrenti per migliorare gli standard del settore e contribuire ad aumentare la sicurezza online di tutti è uno degli obiettivi del centro. In questo ambito il colosso di Mountain View e già attivo da tempo con il Google.org Impact Challenge, un fondo europeo, dotato di 10 milioni di euro, che sostiene le organizzazioni non profit, università, istituti di ricerca accademici, imprese sociali a scopo di lucro e altre organizzazioni di esperti in Europa impegnate nel contrastare l’odio e l’estremismo nelle loro comunità o nell’aiutare i giovani a stare sicuri online, l’operazione annunciata un anno fa da Sundar Pichai, ceo di Google si sta realizzando anche attraverso nuovi percorsi di business: “Crediamo che la privacy e la sicurezza – ha detto il Ceo nel blog aziendale – debbano essere disponibili in modo uguale per tutti nel mondo e facciamo in modo che questo sia possibile con prodotti che consentono a ciascuno di operare scelte chiare e significative in merito ai propri dati”.
Oggi la novità è il progetto Privacy Sandbox, che vuole creare un ecosistema web rispettoso degli utenti e privato per default sembrerebbe una chimera in questo modo dedito alla trasparenza, ma è un primo passo verso un’etica aziendale.
*Maria Pia Rossignaud, direttore Media Duemila