La radiazione di Hulk: cosa sono e come possiamo rivelare i raggi Gamma
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Pensare a un mondo senza colori e senza luce è quanto di più devastante esista. Nella cinematografia, nella poesia, nell’arte in generale, il grigio e il nero sono sempre legati alla morte, alla depressione, alla tristezza e alla devastazione. Il nostro Sole ci permette non solo di vivere ma di vivere in un mondo colorato e luminoso. Ma quella che ci circonda e che tanto amiamo, la luce visibile, è soltanto una piccolissima parte del cosiddetto “spettro elettromagnetico” che raccoglie al suo interno tutta la luce realmente esistente. A un estremo troviamo le onde radio (quelle che usiamo principalmente nelle comunicazioni), le onde con le creste più ampie (anche decine di km) e distanziate e, quindi, le meno energetiche. All’altro estremo, passando per tutte le onde elettromagnetiche nel mezzo (microonde, infrarossi, luce visibile, ultravioletti, raggi X), troviamo i raggi gamma, le più energetiche di tutte, con creste piccolissime (almeno 10 volte più piccole di un atomo che è grande 0.0000000001 metri) e ravvicinate. E sì, se ve lo state chiedendo, sono proprio quelle che hanno portato Bruce Banner a trasformarsi in Hulk.
Nella nostra quotidianità, senza saperlo, non usiamo solo la luce visibile ma usiamo l’intero spettro elettromagnetico, ogni banda per un compito (o più compiti) particolare. Qualche esempio rapido: la radio, il forno a microonde, il telecomando (che funziona nell’infrarosso), le lampade abbronzanti (ultravioletto), le radiografie (raggi X). Non solo. Il nostro universo emette luce in tutte le frequenze esistenti: ogni banda luminosa ci svela oggetti diversi o processi fisici totalmente differenti che avvengono in uno stesso oggetto. L’astrofisica permette, quindi, non solo di sondare l’universo, studiare i pianeti, le stelle, le Galassie, i buchi neri, lontani da noi miliardi di miliardi di miliardi e ancora miliardi di km ma ci permette di farlo sfruttando tutta la luce esistente e non solo la nostra amata luce visibile. È un po’ come avere i super poteri. Possiamo farlo perché la mente umana ha portato, e fortunatamente continua a portare, a un pazzesco sviluppo tecnologico che ci dà il necessario per costruire strumenti in grado di rivelare onde luminose di diverso tipo. Ogni banda dello spettro elettromagnetico richiede, infatti, strumenti e tecniche di rilevazione specifiche.
In particolare, la radiazione protagonista di questo articolo: la radiazione gamma. Essendo la “luce” più energetica che esista, potete immaginare che tutti i fenomeni più energetici ed esplosivi nell’universo emettono proprio in questa banda dello spettro elettromagnetico. Vi porto qualche esempio. L’onda d’urto di una stella esplosa (Supernova) genera uno shock capace di energizzare protoni e nuclei a energie altissime (raggi cosmici) che, interagendo col mezzo circostante, producono raggi gamma. Nel disco di accrescimento di un buco nero, formato da tutto il materiale che sta inesorabilmente cadendo al suo interno, tra le particelle avvengono interazioni di tale potenza da sfociare nell’emissione gamma. E ancora, la fusione tra un buco nero e una stella di neutroni (un oggettino grande come il Grande Raccordo Anulare di Roma ma di cui un cucchiaino di materia pesa 10 milioni di tonnellate, circa 16 milioni di Hulk) oltre a generare un’onda gravitazionale, genera anche un lampo di emissione gmma (chiamato “Gamma Ray Burst”). Non c’è bisogno di andare così lontani però; anche il nostro sole emette raggi gamma e, se non avessimo l’atmosfera e il campo magnetico a proteggerci, ci raggiungerebbero continuamente e la nostra fine, vi assicuro, non sarebbe quella di trasformarci in Hulk.
Il fatto che la luce gamma sia così energetica, introduce un grandissimo problema dal punto di vista tecnologico: non possiamo mettere a fuoco. Siamo abituati, nella realtà di tutti i giorni, a mettere a fuoco con i nostri occhi, con le lenti di una macchinetta fotografica o, per gli appassionati, con lenti o specchi di un telescopio. Ma questo può funzionare con la luce visibile, con l’infrarosso, con l’ultravioletto ma non con i raggi gamma: la luce gamma non fa neanche caso all’esistenza della nostra retina (o di una lente o di uno specchio), la trapassa come se niente fosse. Di conseguenza, ci siamo dovuti inventare un modo diverso di rivelarla…anzi, in realtà almeno due modi diversi a seconda se siamo nell’estremo più basso o più alto dello spettro gamma. Sì, tanto per complicarci le cose. I raggi gamma nell’estremo più basso, infatti, sono abbastanza “numerosi” (in media, 1 fotone per metro quadro al secondo) da poter essere rivelati direttamente dallo spazio con un satellite, mentre per quelli dell’estremo energetico più alto c’è la necessità di sfruttare la nostra atmosfera, essendo molto più rari (in media, 1 fotone per metro quadro per anno). Vediamo come.
Le energie gamma più basse sfruttano, come abbiamo detto, i satelliti che, non potendo usare lenti o specchi per focalizzare la luce, rilevano la luce gamma tramite dei tracciatori al silicio. Ho detto tutto e non ho detto niente, lo so. Immaginate un parallelepipedo costituito da tanti strati sovrapposti di materiali ben precisi (tra cui il principale è il silicio, appunto), scelti per delle loro particolari caratteristiche intrinseche. Il fotone gamma arriva nel parallelepipedo e, dopo aver attraversato un numero di strati proporzionale alla sua energia, si trasforma in una coppia di particelle, un elettrone e un positrone, che vanno in direzioni opposte formando una specie di V rovesciata. Dal punto di arrivo di queste particelle e dalla misura della loro energia, possiamo dedurre l’energia del fotone gamma originale e ricostruire a ritroso il suo percorso nel tracciatore, grazie alla presenza di griglie apposite sui vari strati di silicio. Da questo percorso, possiamo risalire infine alla posizione della sorgente che ha prodotto quel fotone gamma e dedurne coordinate e morfologia. Purtroppo, le immagini che otteniamo sono più simili a delle uova al tegamino che a delle immagini del nostro universo. Questo perché l’errore che abbiamo con questo metodo di ricostruzione è molto più grande di quello che abbiamo nell’ottico, per esempio.
Spostandoci alle energie più alte, invece, i satelliti non possono fare molto perché i fotoni a queste energie sono molto rari ma dobbiamo sfruttare la nostra atmosfera come vi avevo anticipato. I fotoni gamma, infatti, interagendo con le sue molecole, si trasformano in una pioggia di particelle che viaggiano a una velocità maggiore di quella che ha la luce nella nostra atmosfera (ricordiamoci che la velocità della luce che non può essere superata è quella nel vuoto). Questa caratteristica produce un effetto chiamato “effetto Cherenkov” dal nome del suo scopritore: un cono di luce bluastra (nell’ultravioletto o nel visibile) che segue le nostre particelle e che viene raccolto dai rivelatori posti a terra. Questi rivelatori sono, solitamente, da due a più telescopi (perché il cono di luce a Terra raggiunge un diametro di oltre 100 metri) in qualche posto sulla Terra ben oltre i 1000 metri di altezza, alla giusta distanza l’uno dall’altro per raccogliere la luce da più eventi possibili (visto che sono così rari). Dalle caratteristiche di questa luce particolare, con metodi complessi hardware e software, riusciamo a ricostruire la direzione del fotone gamma originario, riuscendo ad attribuirlo alla sua sorgente. Mettendo insieme più fotoni dalla stessa sorgente, come per le energie più basse, possiamo provare anche a risalire a una sua possibile morfologia ma, comunque, sempre di uova al tegamino parliamo. Noi astrofisici gamma, però, anche se vediamo e analizziamo “uova al tegamino”, da queste “uova” tiriamo fuori scoperte molto importanti che vanno dalla comprensione dell’origine particelle più energetiche dell’universo, i raggi cosmici, al capire la dinamica della materia che cade intorno a un buco nero.
Tra i tantissimi strumenti che lavorano in questa banda, esistenti o in fase di progettazione, l’Italia ha un ruolo fondamentale come abbiamo visto nel numero di luglio; in particolare, con il satellite AGILE per l’estremo a più basse energie e con il futuro ASTRI Mini Array nell’estremo più alto. Magari andremo nel dettaglio in un altro articolo.
La luce gamma, come tutte le altre tipologie di radiazione, non ci permette solo di svelare i segreti dell’universo ma è utilizzata nel nostro mondo e spesso ci salva la vita. I controlli aeroportuali e il controllo-qualità industriale sfruttano la luce X e la luce gamma in grado di indagare la struttura interna dei materiali senza danneggiarli; la sterilizzazione utilizza la radiazione gamma; i radiofarmaci, fondamentali per la scintigrafia, sfruttano la radiazione gamma come anche la chemioterapia che permette di combattere i tumori. Gli effetti collaterali a essa dovuti sono legati, ovviamente, alla forte energia di questa radiazione che però è la stessa che combatte il tumore. La ricerca sta andando avanti per migliorare sempre di più il controllo che abbiamo sui raggi gamma in medicina, in modo da indirizzarli in modo sempre più preciso e diminuire i terribili fastidi della terapia.
La radiazione gamma, quindi, appartiene ai fenomeni più pazzeschi dell’universo e la sua energia è tale che, nel caso penetrasse nell’atmosfera, sarebbe per noi letale. Eppure, essendo controllata e studiata, può salvarci la vita. Pensiamoci sempre: l’universo e il suo studio sono strettamente legati a noi esseri umani e alle nostre esistenza, molto più di quanto possiamo immaginare.
*Martina Cardillo, astrofisica