Il rinato palazzo Ardinghelli, a l’Aquila, diventa museo Maxxi
All’inizio di settembre scorso, nel bel mezzo della splendida rassegna “Il Jazz italiano nelle terre del sisma” che si tiene a L’Aquila dal 2015 con oltre duecento musicisti, star indiscussa nei due giorni di eventi è stata una perla dell’architettura settecentesca della città capoluogo d’Abruzzo, Palazzo Ardinghelli. E’ stato infatti inaugurato nella mattinata di sabato 5 settembre ed eccezionalmente aperto alle visite. Nei due giorni di sabato e domenica ben oltre 600 le visite, guidate dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, che hanno permesso a gruppi di visitatori d’ogni parte d’Italia, d’ammirare il restauro dello stupendo palazzo barocco che da novembre 2020 apre come sede museale MAXXI L’AQUILA.
Il 5 settembre scorso è stata dunque un’altra data storica nella rinascita dell’Aquila. Un palazzo straordinario è stato restituito alla comunità aquilana e non solo. Un pezzo di storia della città torna a vivere e ad interagire con il territorio. Un gioiello del barocco aquilano che rinasce dopo un attento restauro e diventa polo della creatività contemporanea e laboratorio di futuro. Un esempio ammirevole di collaborazione internazionale e tra le istituzioni. Un contributo alla ricostruzione della città dopo il terremoto del 2009, all’insegna della cultura. Tutto questo è MAXXI L’AQUILA, progetto che ha visto il Mibact e la Fondazione MAXXI impegnati insieme per un grande obiettivo. Quello di contribuire al rilancio del territorio ferito dal sisma del 2009 attraverso la cultura, recuperando con un sapiente restauro Palazzo Ardinghelli, il magnifico palazzo settecentesco devastato dal terremoto, restituendolo alla suggestiva bellezza barocca dei suoi spazi luminosi, multiformi e avvolgenti, e offrendolo alla comunità come nuovo luogo collettivo, una piattaforma di creatività culturale, aperta e condivisa, al servizio della rinascita della città.
Il restauro di Palazzo Ardinghelli, realizzato grazie al generoso contributo della Federazione Russa e frutto di otto anni di certosino lavoro degli esperti e dei tecnici dei Beni culturali del territorio, è stato presentato a L’Aquila nella mattinata del 5 settembre in un incontro all’aperto davanti al Palazzo, in Piazza Santa Maria Paganica, da pochi giorni dotata di un nuovo impianto di illuminazione che ne fa risplendere la bellezza anche di sera, ulteriore contributo alla riqualificazione urbana. Alla cerimonia inaugurale, introdotta da Margherita Guccione, Direttore generale per la creatività contemporanea del Mibact e Pietro Barrera, Segretario generale della Fondazione MAXXI, sono intervenuti Anna Laura Orrico, Sottosegretario del Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo; i Consiglieri dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia Alexey Fadeev e Konstantin Belyaev; Stefano D’Amico, Segretario regionale del Mibact per l’Abruzzo; Alessandra Vittorini, Soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città dell’Aquila e i Comuni del Cratere; Marco Marsilio, Presidente della Regione Abruzzo; Pierluigi Biondi, Sindaco dell’Aquila; Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI. Presenti inoltre Hou Hanru, Direttore artistico del MAXXI, e Bartolomeo Pietromarchi, Direttore del MAXXI Arte che curerà la mostra inaugurale.
Palazzo Ardinghelli, storica dimora dell’omonima famiglia d’origine toscana, è considerato uno dei massimi esempi del barocco aquilano, l’unico nella regione che ha la facciata con balconata a quota variata. Situato in pieno centro storico, fu edificato tra il 1732 e il 1743, dopo il devastante terremoto che nel 1703 distrusse la città. Progettato dall’architetto romano Francesco Fontana, figlio del più celebre Carlo, è caratterizzato da un cortile porticato da cui parte lo scalone monumentale di derivazione borrominiana, sovrastato dai dipinti datati 1744 dell’artista veneto Vincenzo Damini, che rappresentano i Quattro Continenti e l’Aurora. Proprio la corte interna che attraversa l’edificio, collegando piazza Santa Maria Paganica e via Garibaldi, renderà il museo uno spazio pubblico aperto alla città, creando un ideale parallelo con la piazza del MAXXI a Roma, disegnata da Zaha Hadid, che unisce due aree del quartiere Flaminio. Nelle prime due sale del piano nobile del Palazzo fanno bella mostra due camini monumentali. Dalla parte opposta, invece, dopo il Salone principale, oggi Sala della Voliera, e una teoria di stanze incastonate una dentro l’altra, il cerchio di un ideale percorso si conclude con la Cappella di famiglia, dove sarà esposta l’opera pensata appositamente dal maestro Ettore Spalletti.
Dopo la morte di Filippo Ardinghelli, in assenza di eredi, per il Palazzo iniziarono secoli di progressivo degrado. Alla fine del secolo scorso, ha ospitato prima gli Uffici della Pretura, poi l’Anagrafe del Comune, sino a essere venduto al Demanio dello Stato e nel 2008 affidato al Mibact. Il terremoto del 2009 danneggiò gravemente la struttura del palazzo, che già versava in una generale condizione di abbandono. La forte scossa della notte del 6 aprile causò il ribaltamento delle pareti del cortile e il crollo parziale del porticato, oltre a diversi danni all’apparato dei saloni del piano superiore, dovuti al massiccio crollo in diversi punti della copertura. Con la corsa alla solidarietà internazionale verso la città colpita dal disastroso terremoto, accentuatasi dopo i lavori del G8 che si tenne a L’Aquila nel luglio del 2009, il Governo della Federazione Russa individuò due beni monumentali da adottare per garantirne il restauro, destinandovi una generosa donazione di complessivi 9 milioni di euro: la Chiesa di San Gregorio Magno, nella frazione di San Gregorio e, nel cuore dell’Aquila, proprio Palazzo Ardinghelli, per il quale è stato utilizzato parte del contributo russo pari a 7,2 milioni di euro ed altri 3 milioni circa stanziati dal Governo italiano. I tecnici del Mibact hanno sottoposto il Palazzo a un sapiente intervento di restauro conservativo, consolidamento e miglioramento sismico. Il restauro ha anche restituito le continuità interrotte già prima del terremoto, come la sequenza androne-corte-accesso posteriore, recuperata nelle sue valenze figurative e architettoniche. Anche questo restauro ha riservato “sorprese”, con ritrovamenti che sottolineano la stratificazione dell’edificio, come le pietre d’un antico portale, o un dipinto che raffigura due putti sul soffitto d’una delle stanze, o ancora le decorazioni che s’intravedono sulle pareti esterne del cortile. L’imponente e raffinata cifra di Palazzo Ardinghelli, l’innata sua spazialità che crea un naturale percorso nella successione dei saloni e delle stanze, ha fatto sì che il Ministro per i Beni culturali Dario Franceschini, in visita a L’Aquila nel 2014, vedesse l’edificio già destinato a diventare uno spazio espositivo d’eccellenza. Da quella prima suggestione è nato il progetto di MAXXI L’AQUILA, uno spazio dedicato alla creatività contemporanea nel pieno della storia della città, in uno dei suoi monumenti più affascinanti. Palazzo Ardinghelli, magistralmente restaurato, sta quindi per diventare un centro vivo di cultura non solo per la città dell’Aquila, tappa concreta d’un processo di recupero del patrimonio che ruota intorno al valore sociale, inclusivo ed identitario dei beni culturali, legandoli a una loro vitale e quotidiana fruizione, per dare senso e contenuto ai luoghi restaurati.
Il progetto espositivo del MAXXI è stato pensato per valorizzare fin da subito l’architettura del Palazzo, in relazione con le committenze realizzate appositamente da cinque importanti artisti italiani individuati dal Ministero nel 2015: Elisabetta Benassi, Daniela De Lorenzo, Nunzio, Alberto Garutti e il maestro Ettore Spalletti, recentemente scomparso, cui è dedicato uno degli spazi più suggestivi. A queste opere si aggiunge il progetto di Anastasia Potemkina, giovane artista russa, prodotto in collaborazione con la VAC Foundation di Mosca e realizzato con la partecipazione dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, come primo passo per valorizzare il dialogo tra artisti russi e italiani. Un’attenzione speciale è data alla fotografia, con la committenza affidata a Paolo Pellegrin e dedicata a L’Aquila, e quella affidata a Stefano Cerio, dedicata al territorio abruzzese. Questo denso percorso sarà integrato e rafforzato da una selezione di opere provenienti dalle collezioni di arte, architettura e fotografia del MAXXI scelte per la loro capacità di riflettere sugli ambiti spaziali ideali e materiali che determinano il luogo o ne sono determinati. La mostra è quindi occasione per esplorare e sperimentare tutti gli spazi del museo, dalla corte allo scalone principale, dalla cappella alla teoria di sale espositive che si susseguono senza soluzione di continuità, in un itinerario che da un lato guarda allo straordinario lavoro di restauro realizzato per restituire l’edificio alla città e al pubblico, dall’altro accompagna le riflessioni sul sodalizio tra la luce, il colore, lo spazio e l’ambiente e la sua percezione, in una scala urbana e territoriale tra il visionario e l’utopico, attraverso i lavori di insigni artisti contemporanei.
Legittime, dunque, le dichiarazioni di soddisfazione espresse nel corso della cerimonia inaugurale, in una luminosa mattinata di sole che faceva risplendere la pietra bianca della facciata del Palazzo, in contrappunto all’impareggiabile azzurro d’un cielo terso quale L’Aquila sovente sa regalare. Molto argomentato l’intervento conclusivo dell’arch. Alessandra Vittorini, che da Soprintendente per 8 anni ha guidato con eccezionale carisma l’équipe dei suoi tecnici impegnati nel complesso lavoro della ricostruzione dell’Aquila e dei centri del cratere sismico. Particolarmente del centro storico dell’Aquila, meravigliosa città d’arte che ha il 70% del suo straordinario patrimonio architettonico entro le mura urbiche soggetto all’attenzione della Soprintendenza. Un’opera rilevante, consapevole non solo del valore della ricostruzione materiale della città capoluogo d’Abruzzo, ma anche del profondo significato civile, culturale ed identitario che essa rappresenta per l’intera comunità aquilana. “Nella complessa ricostruzione che ci vede impegnati da oltre dieci anni, in una città che da sette secoli crolla e rinasce su sé stessa – ha affermato tra l’altro la Soprintendente Alessandra Vittorini – questo luogo offre oggi le sue inedite meraviglie pienamente recuperate grazie a un restauro attento e rigoroso. La sorprendente sequenza che attraversa la corte semicircolare e si fa strada urbana, lo scalone monumentale, i saloni e i fluidi spazi interni compongono un insieme di suggestiva bellezza. Tutto ciò è il frutto di attenzione e rigore, dedizione e competenza tecnica di cui dobbiamo essere grati a tutti i protagonisti che ne hanno accompagnato il recupero e a tutta la nostra squadra che opera dal 2009 nel difficile scenario cittadino. È grazie al loro lavoro che oggi stiamo riscoprendo nel passato le radici per il nostro futuro, in un percorso costante e progressivo che ha visto nel centro storico e nel patrimonio culturale i luoghi di una nuova e ritrovata identità, di una appartenenza collettiva fatta di memoria e di rinascita”. Solo un’annotazione, a commento del significativo evento inaugurale di Palazzo Ardinghelli. La magnificenza e la bellezza del Palazzo stride con la condizione della Chiesa di Santa Maria Paganica, sofferente d’un penoso degrado nelle lacerazioni inferte dal terremoto del 2009, ancora lontana dal suo restauro. Al Palazzo restaurato grazie ad una donazione della Russia fa da contrappunto la chiesa frontistante, che aveva avuto la promessa dagli Stati Uniti nel luglio 2009 d’una donazione di 4,5 milioni, cui purtroppo non è stato dato seguito. Al contrario la Francia ha contribuito per 3,250 milioni di euro al restauro la Chiesa di Santa Maria del Suffragio, la Germania ha finanziato per 3 milioni di euro il restauro della Chiesa di San Pietro Apostolo ad Onna, lodevolmente il Kazakistan ha finanziato con 1,7 milioni di euro il restauro dell’Oratorio di San Giuseppe dei Minimi. Anche Canada, Giappone e Australia, con specifiche donazioni, hanno contribuito a realizzare nuove opere con destinazione culturale, sociale, sportiva e universitaria. Cadute invece nel vuoto anche le promesse di Spagna e Gran Bretagna. Sicché Santa Maria Paganica, con un insufficiente finanziamento dello Stato italiano di 5 milioni, è in attesa di ulteriori fondi a copertura della spesa presunta in circa 20 milioni di euro per il suo restauro. Resta ancora nel suo attuale stato di lacerazione, lanciando al cielo il suo grido di dolore.
*Goffredo Palmerini, giornalista pubblicista