Dalla Theate metropoli dei Marrucini, alla Chieti “città aperta”
La storia della città di Chieti affonda le sue radici nell’antichità più remota. Secondo lo storico locale Girolamo Nicolini ( XVII sec) la città venne fondata nel 1181 a.c. dall’eroe greco Achille che l’avrebbe dedicata a sua madre, la Dea Teti. E’ per questo che lo stemma del Comune di Chieti rappresenta Achille a cavallo.
Abitata dal popolo dei Marrucini, la città di Teate divenne capitale del loro territorio. Durante le guerre puniche ( III-II-sec. A. c. ) Teate rimase fedele a Roma mentre si schierò con la lega Italica nella Guerra Sociale ( I sec. A.c.). Al termine di questo scontro, ai Teatini e ai Marrucini tutti fu concesso il diritto alla cittadinanza romana. Essendo stata eletta a Municipium, la città si dotò di una struttura urbanistica moderna con monumenti notevoli come: l’anfiteatro, il teatro, le terme,il centro templare del Foro nonché di grandiose cisterne ipogee che caratterizzarono tutte le città antiche. Il periodo di maggiore splendore della città è da individuare tra la fine della Repubblica e il I sec. Dell’Impero Romano quando nella città di Teate operò la famiglia degli Asìnii. Il più importante fu Asinio Pollione, intimo amico di Augusto, Mecenate e Virgilio.
Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, Teate conobbe un periodo buio. Già nel 410 era stata devastata dai Visigoti di Alarico e in seguito fu distrutta dagli Eruli di Odoacre. Passò poi sotto il dominio dei Longobardi. Nell’801 Teate e il suo territorio caddero in mano ai Franchi. La città fu riorganizzata a livello amministrativo e, secondo le fonti, fu proprio questo il momento storico in cui assurse un ruolo di spicco il Vescovo. Centro dell’organizzazione ecclesiastica divenne la Chiesa di San Giustino( oggi cattedrale della città). Tra il IX e il X sec., tutto il territorio abruzzese fu saccheggiato dai Saraceni i quali distrussero alcuni monasteri che da tempo controllavano, con il loro patrimonio, il territorio teatino. Nel X sec., grazie alla famiglia degli Attonidi, la città venne eletta capo del Comitatus Teatinus, cioè di un importante feudo che si estendeva dal fiume Pescara al fiume Trigno. La città rivisse una fase di crescita economica, sociale e culturale. Nel sec. XI la potenza degli Attonidi si affievolì a vantaggio della Signorìa Episcopale che da allora esercitò il potere nella città di Chieti.Dal 1078 i Normanni occuparono l’Abruzzo e la città di Chieti fu restaurata, abbellita e ripopolata. Poi passò prima sotto la dominazione Sveva e nel 1266 sotto quella degli Angioini i quali consolidarono il potere dei Vescovo nella città. Il Re Carlo I d’Angiò divise l’Abruzzo in due giustizierati: Abruzzo Citra, con capitale Chieti e Abruzzo Ultra, con capitale L’Aquila. Nel 1435 la città passò agli Aragonesi. Il Re Alfonso I d’Aragona pose Chieti a Metropoli delle due Province d’Abruzzo, Citra et Ultra. Di qui il motto che orna lo stemma della città:
Teate Regia metropolis utriusque Aprutinae Provinciae Princeps.
Nel 1526 Chieti venne innalzata a sede arcivescovile e metropolitana dell’Abruzzo da Papa Clemente XII. Tra il XVI e il XVII sec. divenne sede del viceregno borbonico. Tra la fine del XVII sec. e per tutto il secolo seguente vi fu una vivace partecipazione della città alle vicende politiche e alla vita culturale del Regno di Napoli. Nel 1656 una pestilenza si abbattè sulla città e la prostrò sotto ogni aspetto. Nella seconda metà del XVIII sec. Chieti risorse lentamente e istituì numerose accademie. La più famosa fu la Colonia Tegèa, fondata dallo storico Federico Valignani. Tra i diversi intellettuali locali dell’epoca, ricordiamo l’abate Ferdinando Galiani. Quando le truppe napoleoniche, tra il 1797 e il 1798, scesero in Italia, Chieti accolse i francesi con grande entusiasmo. Naturalmente inevitabile fu lo scontro tra i liberali ribelli e l’esercito borbonico. Alla fine le truppe borboniche ebbero la meglio. Nel periodo risorgimentale la città partecipò attivamente alle lotte per l’unità e l’indipendenza dell’Italia. Tra le tante figure che operarono per l’unità, ricordiamo l’avv. Donato Cocco, nato a Sant’Eusanio del Sangro ma vissuto a Chieti, che fu il primo rappresentante abruzzese al Parlamento Cisalpino quando si formò l’Italia.
Dopo l’annessione al Regno d’Italia, Chieti iniziò a rifiorire riaffermando il suo ruolo di centro culturale e artistico aperto alle nuove influenze.I grandi eventi dell due guerre mondiali hanno rivelato il grande senso di patriottismo dei suoi cittadini. Chieti ha dato migliaia di combattenti alla prima guerra mondiale e 350 caduti. Nel corso della seconda guerra mondiale la città, prossima alla linea del fuoco, fu salvata dalla distruzione da Monsignor Giuseppe Venturi, Arcivescovo della città, che riuscì a farla dichiarare “ Città aperta” (unica in Italia a parte Roma) salvando così migliaia di vite umane. Tutte le case di Chieti si aprirono per ospitare gli sfollati provenienti dai paesi limitrofi. Il palazzo dove aveva abitato Donato Cocco e nel quale vivevano ( e vivono tutt’oggi) i discendenti, ospitò ben 64 persone per oltre sei mesi. Oggi la città, al pari di tanti altri piccoli centri italiani, vive un momento di difficoltà economica ma le bellezze storiche e artistiche sono sempre visitabili anche se poco conosciute.
*Marilisa Palazzone, docente