Nikas Safranov: dal Reale all’Irreale
L’ho incontrato la prima volta a Mosca, alcuni anni fa (credo nel 2006). Me lo ha presentato Victor Logay, un russo di origini coreane suo amico da tempo, durante una cena. Poi ho visitato il suo atelier, in una delle zone centrali della capitale. E’ un disegnatore formidabile, secondo i canoni della grande tradizione pittorica russa. Conosce ed usa, inoltre, a perfezione, le tecniche del dipingere, quelle antiche, quelle di sempre.
Nikas Safronov, oltre che artista, è professore e membro dell’Accademia internazionale dell’arte. Conosciutissimo in tutta la Federazione come uno dei più bravi pittori dell’immenso territorio dello stato, ha girato e gira il mondo. Tra l’altro ha eseguito ritratti alle personalità più note dell’orbe terraqueo, dai grandi statisti (Putin, Elsin, Bush, Clinton, Castro, tanto per citarne alcuni), agli attori cinematografici (Sofia Loren, Alain Delon, Catherine Deneuve, Jacques Nicholsson, Antonio Bandera), ai capi religiosi (il Patriarca Alessio II, il Papa Giovanni Paolo II, il Dalai Lama).
Ma la produzione a mio giudizio più interessante di Nikas è quella che deriva dall’applicazione dei metodi dello spiazzamento, della decontestualizzazione, della convivenza degli opposti, da cui scaturisce un alto tasso di visionarietà che colloca la sua creatività nell’alveo di quella che è stata una delle più interessanti ed intriganti avanguardie storiche del XX secolo, ovverosia il Surrealismo.
Si sa che il senso della surrealtà si è manifestato molto tempo prima che André Breton ne elaborasse i postulati teorici: basti pensare a certe raffigurazioni elaborate dai pittori manieristi italiani della seconda metà del Cinquecento (Arcimboldo Arcimboldi fra tutti), allo spagnolo El Greco, ed anche prima, al fiammingo Hyeronimus Bosch. Ma esso è anche sopravvissuto alla morte storica del movimento, permanendo, nel patrimonio culturale dell’umanità, quel forte bisogno di invenzione sopra le righe, di visionarietà, che ha percorso varie epoche storiche. E’ proprio in questa atmosfera di “surrealtà” che vanno situate le opere migliori di Nikas Safronov.
Attraversando l’intera storia dell’arte – da quella antica a quella moderna e contemporanea – il pittore moscovita si diverte ad immaginare commistioni visive che vivano al di là della realtà vera e quotidiana. Usando la pratica dello spostamento delle situazioni logiche e razionali oltre la loro soglia di veridicità (fenomeno che si verifica durante l’attività onirica), l’artista unisce stati razionalmente contrapposti e li porta a convivere nell’assurdità di una situazione che si innalza dalla realtà usuale per assurgere ad una diversa e più alta che si deciso di chiamare, appunto, surrealtà (ovverosia realtà superiore , dal francese sur-réalité).
Ci sono tanti esempi illustri a cui Nikas sembra richiamarsi, dall’italiano Giorgio De Chirico (che i surrealisti propriamente detti considerarono il loro antesignano) a Max Ernst, a Salvador Dalì, mentre gli sono più estranei i Magritte, i Tanguy, i Delvaux. Ma c’è poi, nel retroterra iconico e fantastico del bravissimo pittore di Mosca, l’intera produzione dei pittori romantici spiritualisti e simbolisti europei del XIX secolo, come Gustave Moreau, Odilon Redon, Puvis de Chavennes e così via.
In fondo, a pensarci bene, è proprio questo substrato romantico che connota fortemente l’intera produzione pittorica di Nikas Safronov e che lo pone sulla scia di quella straordinaria qualità sentimentale che, da sempre, è sottesa a tutte le modalità espressive (pittoriche, letterarie, musicali) della Grande Madre Russia.
*Armando Ginesi, critico d’arte