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La crisi di Ottobre: Il Covid è stato solo un assaggio.

Esiste l’infausta “credenza popolare” che la crisi sia alle spalle. Il pensiero comune potrebbe essere riassunto in “3 mesi di lockdown e Covid sono stati brutti, ma ora si torna a fatturare e crescere; e poi ci sono in soldi dell’Europa!” 

Prepariamoci a una doccia fredda: la crisi, quella vera, che farà male, è tutta davanti a noi. Comincerà in America ma, come ogni brava crisi, poi arriverà anche da noi. 

Comincia a Ottobre (giorno più giorno meno) perché ci sono una serie di fattori in USA che convergono verso questo mese: fine dei supporti statali, riduzione dei blocchi agli sfratti (prima attivati durante il lock-down), riattivazione del recupero crediti, elezioni americane che diventeranno brutali e molte altre cose “carine”…

Per dirla semplice il Covid ha accelerato lo scoppio di bolle e fenomeni preesistenti in USA e in Europa. La crisi economica generata dal Covid (pensate a un fiammifero) innesca la crisi finanziaria (pensate a barili di benzina lasciati aperti in bella vista), la crisi finanziaria di espande e contagia l’economia reale, come successo nel 2008 (pensate allo scoppio del porto di Beirut). Il resto, come si dice, è storia. 

Vediamo insieme i singoli “blocchi” che compongono le variabili di questa crisi. 

I 4 grandi debiti americani: una costante 

Il tema è un collante per molte delle altre variabili in questa analisi. 

Gli americani hanno 4 macro debiti: Università, Case, Auto, carte di credito (generalmente credito al consumo).

Il debito studentesco, da solo, vale circa 1,5 trillioni di dollari. L’immobiliare (case) è la voce più grande, quantitativamente parlando, auto e carte di credito seguono a ruota. 

Lo stimolo del Care Act ha tenuto a galla alcune di questi debiti (di fatto riducendoli lievemente) come le rate del prestito per l’auto, le carte di credito. Case e debito universitario sono congelate, e anche i debiti delle auto ( e conseguenza ripossesso, da parte dei venditori di auto) sono in stasi. 

La verità che pochi creditori di questi 4 debiti vogliono ammettere, è che se tutti i si mettono a collezionare seriamente il debito rischiano di far collassare l’economia del debito-credito americano. 

Quindi, per ora, grazie anche ai blocchi attivati nel Care Act, sulle auto si cerca di chiudere un occhio se non vengono pagate le rate. I mutui di case e affitti si cerca di tergiversare, idem per debito studentesco e carte di credito. 

Tuttavia anche i creditori hanno un limite. Banche, fondi d’investimento e assicurazioni, non possono permettersi di ascrivere tutti questi debiti come inesigibili (i famosi Npl). Il valore degli stessi creditori andrebbe a crollare. Quindi prima o poi (tra ottobre e gennaio, passate le elezioni probabilmente) la macchina del recupero crediti si rimetterà in moto.

Lockdown – Covid

Un evento traumatico che ha bloccato i consumi al dettaglio, nel mondo fisico per mesi. Molti posti di lavoro sono a rischio. Quello che si discute meno è che questa crisi era già pronta; al massimo è stata innescata in anticipo. Ne sono conferma le tante analisi che discutono della crisi del 2020… nel 2018 (qui, qui, qui e poi cercate ve ne sono a centinaia). Vi sono riassunti i timori di numerosi economisti, banchieri, ricercatori che descrivono il 2020 come anno orribile, e del Covid, ovviamente, non c’è menzione.  Curioso notare come molte dei fattori di crisi sono, se escludiamo alcuni attivati dal Covid, già presenti nelle analisi di crisi datate 2018.  L’unica verità indiscutibile è che il Covid ha accelerato tutte le variabili e relative bolle che erano già in atto da almeno 3-4 anni. 

Immobiliare-Smartworking

Nella sola NY ci sono 15000 appartamenti sfitti, San Francisco, con la sua focalizzazione sulle imprese digitali (che per definizione possono “remotizzare” il 100% della propria forza lavoro), è messa anche peggio. 

I ricchi americani scappano negli Hampton oppure prenotano case sulla gold coast, i poveri (diciamo la classe media) scappano da NY e tornano a vivere nel New Jersey, o, cosa più preoccupante, con mamma e papà. La percentuale di millenials/figli che è tornata a vivere con i genitori (52%) non era cosi alta dai tempi della grande depressione. 

Le stime d’immobili che possono essere “ripresi” per mancanza di pagamento di mutuo o affitto parlano di 30-40 milioni di americani che rischiano, passata la fase statale “assistenziale” del Care Act, di finire in strada senza un tetto.

A questi si aggiungono altre due variabili. 

Il mercato degli uffici sta soffrendo. Per dare un idea, come riporta l’Economist, il mondo degli uffici-commerciali, vale 30 trillioni di dollari (fonte economist). Anche post Covid si stima che, almeno in occidente, il 30% degli uffici, causa smartworking, potrebbe essere di troppo. Persino in Italia si sta assistendo a una strutturazione intorno a quota 30%. Leonardo, Tim, Eni, tutte a dichiarare una cifra simile di personale e/o uffici che possono essere remotizzati. 

Ultimo l’aspetto dei centri commerciali, in Usa più che in Italia, un fenomeno già agonizzante da tempo. Il crollo delle vendite nei centri commerciali ha generato un crollo conseguente degli affitti. Molti negozi stanno chiudendo oppure hanno chiesto riduzione del canone di affitto ai locatari (di norma in Usa grandi fondi di investimento, banche e assicurazioni). 

Retail apocalypse.

Un evento, quello dei consumi di personagià manifesto in epoca Pre-Covid. Tuttavia la malattia ha reso più manifesto questo fenomeno. In generale in Usa il numero di grandi catene che hanno chiuso, dal lockdown in poi, sono circa 1 ogni settimane. Parliamo di catene che impiegavano migliaia di dipendenti, una filiera strutturata di fornitori (che rischiano di chiudere o ridurre le risorse umane) e immobili che restano sfitti (vedi sopra). A questo si aggiunga che i prestiti legati ai centri commerciali (CMBS) sono già ora soggetti ad operazioni di shorting: in pratica i fondi stanno cominciando a “scommettere” contro i debiti dei centri commerciali, di fatto condannadoli a morte. 

Disoccupazione 

Lo scenario di disoccupazione americano parla di circa 30 milioni di cittadini disoccupati o temporaneamente in una qualche forma di sussidio statale. Si parla di un assegno di 600 dollari a settimana poi scalato, negli ultimi giorni, a 300 dollari. 

È chiaro che il governo americano non può continuare all’infinito questi programmi. L’attuale da 300 dollari, supportato dalla Fema (una sorta di nostra protezione civile ma con alcuni variabili di natura militare) stima che l’attuale piano possa durare sino a metà ottobre, al massimo.  Si stima che, senza una qualche forma di supporto statale ai disoccupati l’economia reale (che include consumi nei centri commerciali, consumi di sussistenza etc..) possa crollare in una depressione stile 1929. 

Turismo-viaggi

Poco da dire che già non si possa osservare. Sul tema viaggi e voli la Iata (agenzia trasporto aereo mondiale) stima che non si tornerà al livello pre-Covid prima di 4-5 anni. Il turismo anche di prossimità (senza voli ma usando treni o auto) è comunque danneggiato da due fattori: la mancanza di soldi (che colpisce gli Usa come l’Italia, dove il 40% degli italiani non sono andati in vacanza), il timore di perdere il lavoro. Il timore di perdere il lavoro induce a risparmiare per spese fondamentali e soprassedere a spese superflue (prima tra tutti le vacanze). 

Borsa-finanza

Che la borsa sia facilmente manipolabile non è un segreto. Il caso recente di Softbank e la sua azione che ha pompato le quotazioni del Nasdaq sono storia recente.

La verità è che la borsa, se si sottraggono le quote del Nasdaq, appare debole e iper pompata da titoli di aziende che si sono auto sostenuto (aziende zombie ne parliamo sotto). 

Zombie companies

Sono le aziende che hanno modelli di crescita ormai decotti. Tuttavia con il grande stimolo che Trump ha offerto ai mercati, con questi soldi le aziende cadavere hanno ricomprato le proprie azioni sulla borsa (per definizione pompando le proprie quotazioni) scaricando il peso sociale (leggi lavoratori) sullo stato. 

Elezioni americane

Le elezioni in America mettono sotto stress il sistema finanziario e sociale. Ma queste si preannunciano brutali. Da un lato il BLM ha acuito le pressioni sociali delle classi meno abbienti a cui si aggiunge uno strano, ma crescente, sentimento di irrequietezza di ex generali delle forze armate. In alcuni ambienti si discute di responsabilità delle forze armate nell’assicurare elezioni libere. E dai social Zuckerberg spiega, senza aver alcun titolo a dirlo, che le elezioni ci si metterà qualche settimana per chiarire chi abbia vinto e ci saranno violenze civili. 

Indipendenza energetica

Il fracking (per petrolio e gas) sta avendo una seria crisi di produzione. La congiuntura di petrolio a basso costo e riduzione delle scorte dei giacimenti fossili Usa rischia di riportare gli Usa a dover dipendere, in pochi anni, da fonti esterne. 

Fed e inflazione

La Fed sta affogando il mercato di denaro “gratis”. Questo genera una bolla speculativa dove, se il denaro a prestito non costa, si può richiedere senza farsi particolari problemi. 

Produzione agricola 

La produzione agricola sta avendo delle difficoltà. Oltre ai fattori climatici molti agricoltori sono fortemente indebitati. Il blocco delle forniture (dal produttore al consumatore) ha ulteriormente aggravato lo scenario agricolo e molti di essi rischiano di andare in banca rotta. 

Tutti questi elementi, si stanno concentrando in un area temporale che comincia a ottobre. 

Con la premessa che una crisi non comincia e finisce in un paio di giorni, la possibilità che questa crisi esploda in tutta la sua forza in USA e si riverberi sul resto dell’occidente è un dato di fatto. Resta solo da comprendere se le aziende italiane, i politici e i singoli cittadini sono coscienti di questo tsunami. 

*Enrico Verga, strategist e senior analyst per medie e grandi aziende e governi