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D, come donna, con la D maiuscola

Cercherò di apportare un piccolo contributo poetico a te Donna che sei poesia, per dirti grazie. Vorrei anche essere musica, per lanciare un binomio vincente contro la violenza di genere, onde superare il grande male dell’indifferenza, perché, non bastano le parole per dire amore…Quando mi parli con gli occhi, è musica ascoltare i tuoi silenzi, tu che dai vita e colori i miei sogni. In questi ultimi anni, tu Donna, sei rimasta vittima di violenze psicologiche e fisiche. Quando si credeva che certi pregiudizi e preconcetti fossero ormai superati, ecco che, invece, l’uomo è tornato ad essere carnefice dell’altro essere (Donna), usando la violenza sulla persona che dovrebbe proteggere, amare, rispettare. Nonostante ciò, tu Donna, desideri solo il bene e, spesso, sei disposta a perdonare, ma alcune volte il perdono costa caro. Oggi, meravigliosa Donna, desideri riprenderti la dignità di cui sei stata derubata per tanto tempo, in una sorta di Nuovo Rinascimento, con la determinazione che ti compete, supportata dall’intelligenza e dalla grazia della tua femminilità. L’estratto d’un testo di Papa Giovanni Paolo II dedicato a te Donna (nessuno più di lui ha compreso l’importanza dell’universo femminile, in tutte le sue sfumature essenziali), recita così: “Donna, significa mamma, figlia, moglie, sorella, nonna; tutte le figure più rappresentative della storia dell’intera umanità appartengono all’essere femminile, il mondo stesso deve alla Donna la presenza alla vita, lei è il focolare della famiglia, il centro dell’amore che genera il futuro”. Ancora: “Grazie a te Donna, per il fatto stesso che sei Donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità, tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani”. In sintesi, il grazie non basta. Siamo purtroppo eredi di enormi condizionamenti che, in tutti i tempi e in ogni latitudine, hanno reso il tuo cammino difficile. Donna, sei stata misconosciuta nella tua dignità, travisata nelle tue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù. Ciò ti ha impedito di essere fino in fondo te stessa e, ciò, ha impoverito l’intera umanità di autentiche ricchezze spirituali. L’uomo delle caverne era più civile dell’attuale? Era certamente più aggressivo, ma utilizzava la sua forza bruta solo per cacciare o difendersi, mentre tutelava la sua Donna custode del focolare domestico. Ora, alcune incomprensioni che potrebbero essere superate col dialogo, fanno scattare in lui (uomo) un odio, a volte scambiato per amore, sino a commettere un “femminicidio”. Ogni due giorni, nel nostro Paese, una Donna muore per mezzo del partner, del marito, del compagno, del padre ossessivo, dell’amante geloso. Sta diventando una strage incontrollata ed incontrollabile, è un grave problema sociale che va subito gestito e risolto, tramite l’evoluzione culturale di tutta la società per combattere l’abitudine all’indifferenza. Il telefono rosso è già un primo passo, per incoraggiare la Donna a denunziare approcci indesiderati presso le autorità competenti. Esistono pure i paradossi, ci sono persone che nella vita si comportano con gentilezza e rispetto verso gli altri e, quando sono tra le mura domestiche, si trasformano e diventano fortemente arroganti. Colgo una frase di Domenico Sigalini: 

“L’arrogante, mentre crede di imporsi con la forza, in realtà è schiavo di se stesso  e non ha l’intelligenza per valutarsi e definirsi”. Per me, tu Donna, possiedi una marcia in più rispetto l’uomo, sei: intelligente, determinata, generosa, con spiccato senso del dovere ed amorevole. Essendo particolarmente sensibile, sei maggiormente esposta alla cosiddetta depressione e, qui, mi piacerebbe aprire un piccolo capitolo (un excursus dell’essere Donna). Dall’infanzia, quando hai cominciato ad avvertire la condizione di differenza e di svantaggio di fronte al maschio, all’età adulta, quando hai avuto la pressione per orientarti verso il partner giusto, a organizzare e far funzionare la casa, ad allevare i figli, i motivi di delusione sono stati più numerosi rispetto all’individuo dell’altro sesso.  Nella maturità all’inizio della vecchiaia, poi, si sono aggiunte altre ragioni per sentirti depressa: il climaterio e la partenza dei figli verso una nuova famiglia. Anche il problema del lavoro ha avuto un notevole peso; la retribuzione minore, la posizione   lavorativa   insoddisfacente, ti hanno fatto capire lo svantaggio rispetto all’uomo. Dalla famiglia stessa, la tua carriera è stata considerata poco, meno comunque di quella del marito, ed è stata   sacrificata dagli impegni domestici. Spesso, infatti, Donna che lavori, continuano a gravare i compiti tradizionali che si ricollegano al mito “regina della casa” o, almeno, in parole meno altisonanti al ruolo di casalinga: pulizie, cucina, cura dei figli, amministrazione domestica. La gravidanza, il parto e il puerperio sono state ulteriori occasioni in cui tutta la tua persona, nella sua componente organica ed emotiva, è stata pesantemente coinvolta, in cui il lavoro s’è interrotto, precludendo, checché se ne dica, l’approdo a posizioni più interessanti. Il sommarsi di queste cause, che sono aumentate con la fatica fisica e la tensione nervosa, spiegano il crollo depressivo. Infine, per insufficiente introspezione o per naturale generosità, hai ignorato i veri motivi dell’insoddisfazione, attribuendo la colpa a te stessa. Tutto questo, ovviamente, ha reso più profondo il senso di inferiorità e lo stato depressivo latente. Ecco perché è indispensabile riconoscere a te Donna un ruolo indispensabile per la società: D, come Donna, con la D maiuscola. 

“Essere Donna è così affascinante. E’ un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai”. (Oriana Fallaci)

*Sergio Camellini, psicoterapeuta